Reggio Calabria, 26 giugno 2025 – La questione della stabilizzazione dei Tirocinanti di Inclusione Sociale (TIS) in Calabria continua a infiammare il dibattito, con i sindaci che si schierano uniti contro le ultime comunicazioni della Regione. Un folto gruppo di primi cittadini sta rispondendo formalmente, evidenziando le criticità di una procedura che ritengono insostenibile e chiedendo un tavolo unitario per affrontare la questione in modo concreto.
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Una scelta “folle” e discriminatoria
La proposta della Regione viene definita “illogica” e al limite della “follia amministrativa e finanziaria”: risorse a tempo determinato per contratti a tempo indeterminato. Questa situazione, secondo i sindaci, è il risultato di una politica sociale di emergenza regionale, priva di una vera programmazione e funzionale a logiche elettorali.
La confusione è tale che ai Comuni è stato chiesto di produrre una delibera di giunta, che richiede il parere di regolarità contabile e dell’organo di revisione, basandosi solo su una semplice lettera e senza un decreto dirigenziale che formalizzi entità e natura delle risorse disponibili.
I sindaci soli nella battaglia
Al di là delle questioni tecniche, emerge un chiaro contesto politico: la Regione Calabria intende svuotare il bacino di precariato creato, scaricandone i costi sui Comuni. Si tratta di costi economici in caso di stabilizzazione e costi sociali e politici in caso di mancata stabilizzazione.
“I Sindaci, di qualsiasi colore politico, sono gli unici che stanno conducendo una battaglia quotidiana per stabilizzare tutti i tirocinanti, in perfetta solitudine,” si legge nella comunicazione condivisa. Altri soggetti, sia istituzionali che sociali, stanno di fatto avallando un percorso definito “discriminatorio, parziale, di dubbia legittimità, privo di meritocrazia e giustizia sociale”. L’assessore Calabrese lo ha onestamente definito un percorso di “morti e feriti”.
Necessario l’intervento del governo centrale
Molti tirocinanti, probabilmente, non sono ancora pienamente consapevoli delle implicazioni di questo percorso, che emergeranno con chiarezza solo quando saranno espletate le procedure dai Centri per l’Impiego, vincolate a parametri reddituali e non professionali. “Continueremo, insieme a tanti altri colleghi, questa battaglia fino alla fine, non per assistenzialismo ma per giustizia e perché agli errori del passato vorremmo ovviare con rimedi, non con altri errori,” affermano i sindaci.
La soluzione a questa complessa situazione potrebbe arrivare dal Governo Centrale. Se la prossima manovra finanziaria garantisse un rafforzamento del contributo storicizzato, attualmente fissato a 5 milioni, la stabilizzazione diventerebbe sostenibile ed equa. Si tratta di “cifre che, nell’ambito dei bilanci dello Stato, pesano per percentuali irrisorie,” e per le quali i sindaci si aspettano un intervento, soprattutto alla luce delle recenti nomine di sottogoverno storicamente sensibili a tali tematiche.
Serve più equilibrio, meno propaganda e meno strumentalità. Chiunque ponga i Sindaci di fronte alla scelta tra disastro sociale o dissesto finanziario è “certamente strumentale ed irresponsabile.”