Quell’anno il 2 agosto cadeva di domenica e da una decina di giorni il popolo della cittadina silana protestava perché il commissario prefettizio Giovanni Rossi – che era stato messo al vertice del comune dopo che il prefetto aveva deposto il traballante sindaco fascista eletto nel 1924 – per fare cassa impose alla cittadinanza una serie di tasse sotto forma di dazio sul macinato, sulle uova, sul pollame, sulla legna da ardere, insomma su generi di prima necessità vitali per la povera gente. In pratica con questi tributi il commissario aveva deciso di spostare il carico fiscale soprattutto su quella parte della popolazione per la quale quei beni erano essenziali, evitando di tassare i proprietari imponendo loro, per esempio, tasse sul bestiame.
L’ulteriore ordinanza comunale di venerdì 17 luglio, sempre relativa ai dazi, fu la miccia che innescò la rivolta sociale in un contesto che ormai era diventata una polveriera.
Domenica 26 ci fu un primo assaggio del fuoco che covava. Le donne, uscite dalla messa, incrociarono per strada il commissario prefettizio Rossi e con urla, imprecazioni e maledizioni lo fecero oggetto del lancio di cenere e pomodori. Il funzionario, vista la mala parata, scortato dai carabinieri, abbandonò malconcio il
paese.
Il prefetto Agostino Guerresi commentò l’episodio affermando che l’imposizione dei dazi “era stato artatamente esagerato al punto che le donnicciole del paese si ritennero colpite vivamente nei propri interessi”. Comunque preoccupato dalla sovraeccitazione popolare inviò polizia e carabinieri per rinforzare le strutture locali delle forze dell’ordine.
Domenica 2 agosto la città era pattugliata dai carabinieri, dalla polizia e dalla milizia fascista che presidiavano strade, piazze e municipio, ma – malgrado questa forte presenza militare – molti uomini si radunarono spontaneamente in piazza e tante donne, terminata la messa domenicale, si unirono alla folla. Così si ritrovarono per le strade quasi duemila persone che si incamminarono verso il palazzo badiale, all’epoca sede
del municipio, e la piazzetta antistante all’edificio non riusciva a contenere tutta quella gente.
Le donne, le più determinate, erano in prima fila e, come si legge nei rapporti di polizia, “malgrado l’azione decisa della forza non si arrendevano e pretendevano le chiavi del municipio che minacciavano anche di incendiare”. Chiudendo gli occhi e cercando di immaginare la scena che si presentava alla vista dei testimoni dell’epoca torna utile pensare al bellissimo film Novecento di Bernando Bertolucci, quando il regista immortala il corteo delle donne che sfidano la polizia cantando la famosa canzone: “Sebben che siamo donne paura non abbiamo”.
Da questa folla a un certo momento iniziarono a volare pomodori e uova marce verso il balcone dell’ufficio del commissario prefettizio e verso il portone del comune, mentre urla assordanti accompagnavano la protesta.
I carabinieri e la milizia fascista trovandosi spiazzati di fronte a questa enorme massa umana che non riuscivano a contenere e per evitare che fosse assaltato il comune, iniziarono a sparare ad altezza uomo. Rimasero uccisi Filomena Marra contadina incinta all’ottavo mese, Marianna Mascaro, contadina di 70 anni, Barbara Veltri, contadina di 23 anni, Antonia Silletta, contadina di 68 anni, e Saverio Basile, fabbro di 33 anni. Ventotto furono i feriti, dieci curati in casa e diciotto ricoverati all’ospedale di Cosenza tra cui un ragazzo di dieci anni, Giuseppe Tiano, colpito a un braccio e a un polmone.
Martino A. Rizzo
I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C
Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a
Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica
sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato
il romanzo Le tentazioni della
politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri
del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito
anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione
dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,
Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,
Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.
Da fotografo dilettante cerca di cogliere
con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio
e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie
su Rossano Se chiudo gli occhi.