Centrale Enel. Francesco Amantea fu un idealista o un precursore dei tempi?, racconto di Martino A. Rizzo

 

“Prosegue lo smantellamento della centrale Enel, ma sul futuro …”, “… fiato sospeso per le prospettive e il futuro della centrale dell’Enel”, “Le ciminiere della centrale Enel di Sant’Irene spariranno dallo …”, “Centrale Enel di Rossano: quale futuro?”, “Nuova vita per la centrale di Corigliano Rossano?”, “Riqualificazione centrale Enel Corigliano Rossano”, “Conversione a carbone della centrale ENEL di Rossano ..”, “…, sul futuro dell’ex Centrale Enel è …”, “…, cala il silenzio sul futuro della centrale Enel”.

Rileggendo questi titoli di giornali sul futuro dell’ex Centrale termoelettrica ENEL di Rossano, viene spontaneo domandarsi se alla fine non avesse ragione Francesco Amantea che a suo tempo condusse una personale e fiera opposizione contro la costruzione della Centrale. A dirla tutta non fu il solo, anche cittadini, alcuni politici e qualche giornale si schierarono contro, ma la contrarietà di Amantea fu particolare perché lui era il proprietario dei terreni sui quali la Centrale doveva nascere e rifiutando la vendita di quelle aree perse una montagna di soldi che l’ENEL gli avrebbe dato per chiudere in fretta la partita dell’acquisizione. Si andò invece verso l’esproprio che fu accompagnato dalle lungaggini delle successive vertenze processuali e comunque lui non toccò l’indennizzo che l’ENEL dovette in ogni caso riconoscergli depositandolo presso la Cassa Depositi e Prestiti.

Nel 2021 l’editore Rubbettino ha pubblicato il libro “Francesco Amantea. Lo sviluppo possibile e le occasioni mancate della Calabria”, a cura di Alice Palmer, che spiega molto bene le ragioni di quel rifiuto.

Francesco Amantea apparteneva a un’antica e nobile famiglia di Rossano, grande proprietaria terriera. Nato a Roma nel 1925, aveva studiato ingegneria senza però conseguire la laurea a causa di due esami che gli mancavano quando decise di abbandonare gli studi per dedicarsi ai beni di famiglia, aveva viaggiato molto e frequentato amicizie importanti e internazionali. Nelle sue proprietà aveva ospitato anche Paola Ruffo di Calabria, futura regina del Belgio.

Amantea non voleva vendere l’area a cui era interessata l’ENEL perché perseguiva un progetto imprenditoriale agricolo-turistico-ricettivo ben definito del quale costituivano fulcro centrale le sue più importanti proprietà: il grande palazzo cittadino, l’azienda collinare di “Pantaleo” di circa novanta ettari, gli immobili a Sant’Angelo con la torre e i fabbricati del “Fondaco”, due castagneti sulla Presila, il fondo “Fabbrica” di quaranta ettari vicino il fiume Trionto, il fondo rustico “Cutura” di circa cinquanta ettari sul mare davanti a Sant’Irene, il fondo rustico “Susanna” a Strongoli. Tutti questi beni sarebbero dovuti diventare parte di un unico e variegato complesso turistico capace di offrire agli ospiti diverse occasioni di riposo e di svago grazie a quella miniera infinita di risorse offerte dal territorio: mare, campagna, agricoltura, monti, monumenti, storia, cultura. L’originaria idea, diventata poi un progetto ben articolato, aveva iniziato a muovere i primi passi con restauri, nuove acquisizioni, cure specialistiche per gli ulivi secolari, moderne stalle con bovini provenienti dalla Svizzera e dal Friuli.

Nel 1962, insieme ad altri agricoltori calabresi, Amantea aveva dato vita al C.J.S.E., “Consorzio Jonico di Sviluppo Economico”, con sede a Rossano, con l’obiettivo di perseguire il miglioramento fondiario e delle condizioni agronomiche di raccolta, concentrazione dell’offerta e trasformazione del prodotto allo scopo di renderlo più appetibile sul mercato. Al C.J.S.E. aderivano circa novemila titolari del molto frazionato parco olivicolo dei ventitré comuni dell’area jonica-silana e tutti insieme coprivano un’estensione di ventimila ettari. Nel 1965, in Campidoglio, Francesco Amantea, insieme a Rinaldo Chidichimo, Alfredo Diana e altri, era stato uno dei quattordici giovani dirigenti di Confagricoltura che aveva partecipato alla fondazione di “Agriturist”, “Associazione Nazionale Agricoltura e Turismo”, con lo scopo di promuovere un’agricoltura evoluta incentrata sulla salvaguardia ambientale e paesaggistica. Il progetto che Amantea aveva elaborato per Rossano era denominato “Laboratorio jonico-silano” ed era stato presentato allo Iasm, “Istituto per l’assistenza allo sviluppo del Mezzogiorno”, riscuotendo apprezzamenti e consensi. L’Ufficio per la Promozione delle iniziative turistiche della Cassa del Mezzogiorno aveva definito il progetto “Laboratorio jonico-silano” un «modello per il Mezzogiorno» e questi giudizi avevano convinto anche altri imprenditori a unirsi all’iniziativa. Una banca svizzera aveva dato la sua disponibilità a intervenire dal punto di vista finanziario per sostenere l’impresa, una scuola alberghiera svizzera avrebbe inaugurato una sua succursale a Rossano e un tour operator svizzero si sarebbe insediato in Italia aprendo la sua sede proprio a Rossano.

Insomma c’erano tutte le premesse per far diventare l’antico centro bizantino un punto di richiamo importante nel panorama internazionale, ma …, ci fu un “ma” decisivo: il «Pacchetto Colombo».

All’indomani della creazione degli enti regionali e della rivolta di Reggio Calabria dell’estate del 1970 per l’attribuzione della sede degli organi regionali (a proposito: a quell’epoca in Calabria si facevano battaglie violente e sanguinose per la localizzazione di semplici uffici), il CIPE deliberò un programma di investimenti industriali da realizzare in Calabria che avrebbe dovuto creare circa 14.860 nuovi posti di lavoro, coinvolgendo grandi aziende pubbliche e private. La localizzazione degli impianti venne decisa a tavolino in una logica spartitoria avendo davanti la cartina geografica della regione: un Centro Siderurgico a Gioia Tauro insieme a un grande porto, l’industria chimica SIR a Sant’Eufemia, la Liquichimica a Lamezia e Saline Joniche, la Liquigas a Reggio Calabria, una nuova officina grandi riparazioni delle FS a Saline Joniche, una industria tessile a Castrovillari, la Centrale ENEL sulla Piana di Sibari, quindi a Rossano sul fondo Cutura di Amantea, e infine una sede universitaria a Cosenza. Insomma la Calabria sarebbe dovuta diventare una specie di “Lombardia-industriale-del-Sud” secondo una logica priva di un minimo disegno organico rispettoso della vocazione storica-geografica della regione, ma volto solo a dispensare cattedrali nel deserto per tamponare le emergenze sociali e “tappare la bocca” ai territori più “impertinenti”.

Al tavolo dove spartirsi i duemila miliardi di lire previsti dal “Pacchetto” per la Calabria sedevano in prima fila i più importanti costruttori nazionali e in seconda fila gli innominabili che in Calabria, come in Sicilia, non mancano mai ma nascondono il volto. I calabresi, invece, almeno la maggior parte dei calabresi, figli di una terra con ataviche storie di povertà e di emigrazione, furono soddisfatti con le briciole che cadevano dal tavolo restando indifferenti alla violenza che si sarebbe perpetrata nei confronti dell’orografia, della collocazione geografica, dei titoli storici e culturali e delle vere prospettive della loro regione. È in questo contesto che avvenne anche la costruzione della Centrale Termoelettrica ENEL di Rossano contro la quale Francesco Amantea, disarmato di potere e provvisto solo dei suoi buoni progetti, nulla poté.

C’è da aggiungere, per concludere il racconto, che di tutti gli investimenti del “Pacchetto Colombo”, adesso restano in piedi solo l’Università di Cosenza e il malandato porto di Gioia Tauro. Forse, invece, il progetto di Francesco Amantea di un centro turistico-culturale-agricolo nel cuore del Mediterraneo – dopo cinquant’anni e in un’epoca in cui il turismo è diventato un’importante industria internazionale – sarebbe stato oggi in grado di competere con i grandi poli attrattivi europei.

 

 

(sul sito https://anticabibliotecacoriglianorossano.it/aree-tematiche/la-centrale-termoelettrica-enel-di-rossano-articoli-documenti-foto/ è possibile consultare qualche documento e articolo relativo alla nascita della Centrale ENEL e vedere alcune foto della stessa)

Martino A. Rizzo 

 

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

www.anticabibliotecacoriglianorossano.it.  Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate anche nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi di Grazia Greco.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Articoli correlati: