Alto Jonio sempre più isolato

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La Basilicata vince il suo storico isolamento prendendo il volo dal nuovo aeroporto di Pisticci (MT) e salendo sull’Alta Velocità di Trenitalia e lascia a piedi la Sibaritide e l’ Alto Jonio che, zavorrati e rassegnati, non riescono in nessun modo a vincere il gap trasportistico che da anni ne condiziona la crescita. E’ infatti notizia dell’ultima ora che dall’avio-superficie di Pisticci, che ha già incassato l’autorizzazione dall’Enac per il trasporto-passeggeri e che si appresta a diventare l’aeroporto regionale della Basilicata ieri, 29 settembre, è decollato il primo volo sperimentale con destinazione Medjugorje, in Bosnia.
In questo caso si tratta di turismo religioso ma i programmi della Winfly, la compagnia aerea che gestisce l’avio-superficie progettata a suo tempo da Enrico Mattei, prevedono l’imminente avvio dei voli, con atterraggio e decollo di aerei-cargo per il trasporto-merci e di velivoli-passeggeri con 50 posti, con partenza quotidiana per Roma e Milano. Questo, per quanto riguarda il trasporto aereo, ma è notizia di alcuni giorni addietro che dal primo gennaio 2017 la Basilicata e la Puglia jonica saranno collegate a Roma dall’Alta Velocità con il treno ETR1000 che ha già fatto il suo primo viaggio sperimentale, con partenza da Taranto, fermate intermedie a Ferrandina (MT) la stazione più vicina a Matera (capitale europea della Cultura 2019) e Potenza e arrivo a Roma in poco più di tre ore. In questo caso, siccome a integrare le spese di gestione provvedono le regioni Puglia e Basilicata, paradossalmente non è stata prevista una fermata allo snodo di Metaponto dove la popolazione calabrese della fascia jonica, costretta ancora a fruire di una di una linea a binario unico e a scartamento ridotto su cui gli autobus sostitutivi da tempo hanno preso il posto dei treni, avrebbe potuto prendersi il lusso di provare l’ebbrezza dell’Alta Velocità.
Per non parlare del naufragio ormai acclarato dell’aeroporto di Sibari di cui si parla da oltre trent’anni e che è destinato a rimanere un sogno nel cassetto e della famigerata “strada della morte” il cui inizio dei lavori sembra allontanarsi sempre più nel tempo. Ma oltre a mortificare la mobilità delle popolazioni locali, l’isolamento geografico di questo lembo di Calabria che nel corso dei secoli è stato la culla della civiltà magno-greca, impedisce di puntare sul turismo, l’unica risorsa di cui dispone essendo ricco di una dotazione alberghiera di oltre 20mila posti e di preziose risorse storiche, archeologiche, paesaggistiche ed agro-alimentari.

Fonte: La Provincia di Cosenza

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