Ludwig Wittgenstein chiedeva : se un bambino fosse chiuso in una stanza rossa sin dalla nascita avrà nel suo incedere biologico ed intellettivo difficoltà nel considerare i colori e lo spazio quali dimensioni complessive e non limitatamente alla stanza ?
Chi ha letto l’opera di questo straordinario pensatore viennese dovrà oltremodo considerarsi oggetto d’indagine poiché l’interesse che l’uomo ha per l’uomo è un’urgenza ineludibile e sensibile. Una stanza così intesa quale spazio costretto non è per il filosofo limite ma orizzonte di un pensiero che oltrepassa ogni barriera fisica e mentale in funzione di sensibilità e sensitività, di una logica del pensiero.
Sappiamo che i sensi a nostra disposizione, molti di più dei cinque canonici, non ci sono stati attribuiti quali accessori edonistici ma per bisogno di sopravvivenza. Un processo lungo milioni di anni oggi ci consente di ascoltare, percepire, toccare, gustare, odorare e potenzialmente prevedere con pochissimo scarto di errore i processi umani che ci governano, cioè di considerare attraverso il pensiero quel che viene e va dal mondo.
Di certo l’uomo deve, per necessità, sempre ricercare una soluzione al suo vivere.
Il processo che promuove tale ricerca è di fatto politico ed interessa interi territori, nazioni e continenti non solo intesi quali spazi geografici e politici ma altresì come possibili evoluzioni e trasformazioni che questi comportano nel tempo e che di fatto divengono storia dell’umanità.
Tutti noi siamo, dunque, immersi in questioni politiche e non interessarsene diminuisce la qualità politica delle soluzioni e quindi del nostro vivere sostanziale.
Un processo, di qualsiasi natura politica, partecipato aumenta la probabilità di riuscita purché vi sia al centro di un tale processo un’organizzazione qualificata ed efficiente.
Studiare, ricercare, confrontarsi, aprirsi sono aspetti che devono nutrire ed attraversare le nuove generazioni e le future classi dirigenti. Concetti ed aspetti culturali e politici che ritroviamo negli scritti sociali e meridionalisti di Antonio Gramsci ,nel coraggio di Alcide De Gasperi nel rifondare una nazione distrutta, nelle intuizioni e proposizioni di Costantino Mortati come “Le insufficienze dello Stato”, nel noto discorso di Piero Calamandrei fatto agli studenti universitari e medi di Milano il 26 gennaio 1955, nella continua attività intellettuale e politica di Aldo Moro, nell’azione e nel programma politico del nostro primo presidente della Regione Calabria Antonio Guarasci.
Uno Stato, dunque, in cui siamo chiamati tutti democraticamente a disporre i nostri talenti al fine di perpetuare una filiazione libera e colta, in cui la scuola e la cultura siano in costante dialogo con il mondo esterno del fare e del produrre, dell’organizzare programmaticamente e politicamente lo Stato , certo qui inteso come un insieme di comunità sociali coese e dialoganti.
I modelli, già citati, ancora tutti attuali e da perseguire non hanno ad oggi sortito o sollecitato quell’evoluzione politica auspicata, poiché è evidente che un modello politico deve non solo essere compreso e profondamente analizzato ma soprattutto adeguato ai tempi ed alle contingenze. Piuttosto assistiamo oggi politicamente ad un ripiegarsi su posizioni del tutto inadeguate ed insufficienti.
Una manifestazione politica quella odierna che risponde a subdoli luoghi di potere che contemplano il profitto su tutto ,e che sempre più rifuggono ed allontanano l’attività politica dalle reali esigenze della gente.
Nell’era digitale e della società liquida, intere popolazioni sono lasciate, dunque, in balia di una falsificazione politica e valoriale che spinge ad una completa finzione rappresentativa di un perbenismo ostentato di taluni personaggi politici che grottescamente si autoassolvono dalle devastanti politiche decennali che trovano nell’ “inurbamento” o meglio dire nella cementificazione selvaggia priva di qualsivoglia adeguamento o principio urbanistico, priva di servizi primari ed infrastrutture di viabilità o collegamento con le maggiori arterie. E’ questo a ben vedere il riscontro più evidente del progresso moderno in Calabria ed è ben visibile su tutta la fascia jonica.
Dalle deluse aspettative dei governi attuali, che le pubblicazioni periodiche dei rapporti Svimez riscontrano passo per passo, e che riducono il tutto all’ aspetto grottesco di un populismo becero e senza remore.
Una questione che da qualche tempo si è posta nell’agenda politica e che ad oggi troviamo quale punto di contratto dell’attuale compagine governativa è il Regionalismo differenziato che vede in prima linea richiederlo a regioni quali: Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. Le conseguenze che ne deriverebbero da una tale autonomia regionale certamente non favorirebbero il meridione nel superamento di quel gap economico sociale che lo rende fanalino di coda dell’intera Europa.
La sensibile questione venne richiamata, durante i lavori della Costituente, da Costantino Mortati che ammonì preventivamente coloro che avessero richiesto a tutti i costi un federalismo delle regioni. Un tale processo, egli afferma, dovrebbe attuarsi solo dopo un raggiunto equilibrio di benessere , di risorse e d’infrastrutture adeguate, tra le diverse aree del paese.
La ripresa del mezzogiorno è, dunque, di difficile previsione viste le premesse del governo attuale ed è sempre più legata ad una chiara questione: muovere dalle risorse naturali e di ricerca in loco attraverso quelle politiche e finanziamenti europei che offrono nuovi spazi di ricerca e di sviluppo. Questa fase non può certo avvenire senza: una classe dirigente colta e capace; una chiara infrastrutturazione regionale; una digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni; una lotta senza quartiere della mafia e della corruzione amministrativa e politica; una presa di posizione più consapevole dell’elettorato, finora allevato al clientelismo ed ai favori elargiti dalla classe politica. Ma soprattutto non potrà avvenire se le agenzie di formazione, e prevalentemente la scuola, quale luogo di crescita moderna e valoriale della persona , non adotteranno gli aspetti prossimi e contingenti a momento programmatico della formazione e dello sviluppo socio-culturale . Questi i presupposti che offrirebbero realmente la condizione minima per muovere una politica di rinnovamento che richiede da sempre un consenso libero e, quindi, di formata opinione , di libera informazione e cultura
Alfonso Caravetta