Alessandro Manzi, che subito dopo il fatto si era costituito ai Carabinieri di Rossano, percorrendo a piedi il tratto di strada che divide la sua casa dalla Compagnia della Benemerita, da subito si era assunto la responsabilità dell’accaduto narrando di come fosse arrivato ad un punto di saturazione dopo anni di vessazioni all’interno delle mura domestiche che condivideva con il padre, noto pregiudicato, e con la sua famiglia.
L’istruttoria dibattimentale, nell’ambito del processo di primo grado, avrebbe confermato tali circostanze connotando come il gesto fosse stato compiuto dal giovane in preda ad un forte stato di disperazione a cui il genitore lo aveva portato con il perdurare della sua condotta abusante ai danni del ragazzo e dei familiari. La situazione era stata inoltre confermata dai testimoni escussi in udienza e dal consulente di parte dell’imputato dr. Figoli.
Nel frattempo, Alessandro Manzi ha proseguito il percorso di recupero, che sin dall’inizio aveva fermamente manifestato di voler intraprendere, iscrivendosi al polo universitario e prestando attività lavorativa inframuraria i cui proventi ha rimesso alla propria famiglia di origine.
(comunicato stampa)