In un mondo letteralmente sconquassato dalla plastica, dai continenti fino agli oceani, che non ha alcuna possibilità di scelta se non l’abbattimento drastico dell’utilizzo (quindi della produzione) di questo materiale, è bastata una dichiarazione del Presidente dell’Emilia Romagna per mettere in discussione l’inserimento della tassa anti-plastica nella manovra finanziaria del Governo. La motivazione? Si rischierebbe di mettere in difficoltà il settore degli imballaggi, che proprio in Emilia-Romagna ha una delle sue roccaforti produttive.
Per carità, ognuno ha le proprie ragioni, ma con tutto il rispetto, non possiamo non proporre un impietoso parallelo.
Le clementine non sono la plastica, sono un prodotto agrumicolo di qualità che caratterizza delle specifiche aree del mezzogiorno d’Italia; la Piana di Sibari vanta una delle produzione più avanzate in termini quantitativi e qualitativi e rappresenta un segmento di produzione fondamentale per l’economia di interi comprensori, soprattutto tra Calabria e Puglia. Se permettete, insomma, tra gli agrumi italiani e la plastica italiana, se proprio dovessi scegliere, sceglierei i primi.
Come è possibile, dunque, che dopo la stagione agrumicola disastrosa dell’anno scorso, con prezzi regolati dalla Grande Distribuzione ben al di sotto della soglia della civiltà e della legalità, non si siano ancora predisposti degli atti legislativi che tutelino una tale risorsa produttiva del Paese?
Non si spiegherebbe altrimenti ciò che sta accadendo in queste settimane, che prima e meglio di me hanno già esplicitato autorevoli rappresentanze di categoria di Puglia e Calabria, ovvero che si continui a raggiungere prezzi sul mercato già prossimi alla “soglia della legalità” nonostante, di fatto, il clima abbia predisposto una stagione non particolarmente gravida di frutto, quindi con poca offerta.
E tale soglia della legalità non l’ha stabilita di certo il Sindaco di Corigliano-Rossano, né il produttore di Palagiano, ma l’ISMEA, l’Istituto di Servizi per il Mercato Agroalimentare.
Ebbene l’intervento del Governo del Comune di Corigliano-Rossano in questa circostanza, interpretando il sentimento dell’intero comprensorio della Sibaritide, non è soltanto opportuno, ma ritengo sia necessario. Una nuova stagione di tirannia del prezzo da parte della grande distribuzione, in un contesto globalizzato in cui i nostri produttori – rispettando giustamente le normative di tutela ambientale e sanitaria – subiscono già una concorrenza sleale feroce da parte di altri paesi produttori, significherebbe mandare sul lastrico non solo centinaia di aziende, ma migliaia di famiglie.
Un dramma sociale ed economico ampiamente prevedibile per il quale è necessario che si alzi forte un grido d’allarme anche istituzionale: non è più ammissibile che segmenti produttivi importanti, vocazionali e di qualità continuino a stagnare in un regime di vera e propria anarchia tutta a favore dei grandi venditori organizzati e di piccoli speculatori di turno, mettendo a rischio migliaia di posti di lavoro ogni anno.
Una tematica che riteniamo debba essere affrontata con urgenza dal Governo nazionale proprio per la rilevanza sociale che riveste: per questa ragione sosterremo tutti coloro che intenderanno appoggiare questa tesi nelle aule parlamentari e nelle stanze governative.
La sacralità del lavoro è intoccabile, ed uguale per tutti.
Mi auguro di non scoprire, invece, che la plastica è più importante delle clementine: come italiano ne sarei piuttosto imbarazzato. (comunicato)