Premesso ciò, l’approccio con il 2020 richiede un severo scatto di orgoglio territoriale e di scelte coraggiose, tali da rompere con gli aspetti degenerativi del passato.
Inutile negarlo, la fase di gestione non è semplice. Il sistema di governance risente della solita crisi economica con cui siamo abituati a convivere. Talvolta, però, ci sono scelte che non richiedono necessariamente la presenza di fondi, ma onestà intellettuale e coraggio.
È importante lavorare sull’integrazione culturale tra gli abitanti dei due ex comuni, così da rafforzare l’idea di unica entità. Dopo oltre un anno di commissariamento e dopo sei mesi dall’insediamento dell’organo politico si ha ancora tutta l’impressione che i due centri si continuino a considerare due città separate. Appare inutile riaffermare la tesi secondo cui occorra del tempo affinché certe dinamiche possano trovare applicazione, ma è altrettanto vero che alcune iniziative sinergiche avrebbero potuto già dare vita al processo di vero cambiamento, a partire da semplici manifestazioni e/o eventi che ricordassero la data che sanciva la fusione. E invece tutto passa in sordina. Non siamo dei separati in casa, come qualcuno scrive, ma unica entità. Non ho mai capito perché dovremmo sentirci diversi coriglianesi e rossanesi. In cosa? Spesso si cavalca la diversità per ragioni di opportunismo politico, stuzzicato da quel centralismo cosentino deteriore che ha sempre avversato l’idea di fusione. Ma questa è storia che ormai appartiene al passato anche se si sta riproponendo sotto altre forme.
Il sindaco Stasi era ed è per la fusione, ma forse avverte poco questo processo. Probabilmente, lo dico a tutti, dovremmo sganciarci dalle solite logiche di paternità di un’idea e guardare alla sostanza delle cose nel preminente interesse di tutti. La corsa a “l’avevo detto io” non porta a nulla, se non a una sensazione di fastidio e di allontanamento dalla soluzione dei problemi. E d’altronde se la cultura della paternità di un’idea producesse dei risultati sul piano elettorale, a giugno non avrebbe vinto Stasi, ma altri.
Corigliano Rossano è oggi da considerare un corpo unico. È il primo centro della Calabria per estensione. Abbiamo bisogno di una città unita, compatta, solida. È auspicabile allontanare i frazionamenti, le divisioni, gli scontri, almeno sui grandi temi. È vero, le emergenze assorbono, l’ordinario distoglie l’attenzione, ma ci sono priorità inconfutabili.
Uno dei grandi temi, tra le ragioni fondamentali che ha portato alla fusione, è la pari dignità territoriale nei rapporti di forza con le altre aree della Calabria. Dobbiamo entrare a far parte del circuito dominante dei capoluoghi storici della Calabria. E rompere lo stato di perifericità a cui Corigliano Rossano è stata relegata. Credo molto, insieme a tanti altri, nell’istituzione della Provincia della Magna Graecia e pensare che nel giro di pochi anni Corigliano Rossano possa essere elevata a capoluogo di provincia insieme a Crotone, mi affascina. Tale scelta consentirà, sul piano dei benefici, di blindare la città da eventuali ulteriori scippi (anche se c’è rimasto ben poco) e di rafforzare il potere politico contrattuale. Al dì là della maggiore autorevolezza territoriale, s’incasserebbero risultati importanti in termini di parametri demografici per cui lo Stato non potrà sottrarsi dal garantire servizi e prestazioni ora mancanti, soprattutto in tema di sanità. Cosa ben diversa è l’area vasta la cui istituzione non produce gli effetti di Magna Graecia (es. per istituire ospedale hub o emodinamica occorre una Provincia di almeno 300mila abitanti).
Operazioni e scelte, dunque, a costo zero per l’amministrazione STASI. L’idea di cambiare nome alla città sulla scia di quanto avvenne a Lamezia, avviare una discussione sullo Statuto, dare vita al concepimento dei municipi, pensare alla individuazione di un’area rappresentativa politico-istituzionale baricentrica tra i due comuni sono interventi che al momento non prefigurano grossi investimenti economici. Ecco perché dobbiamo pensare a un 2020 da aggredire con più entusiasmo e passione. Liberalizzare le aree comunali e trasformarle in fattori di crescita occupazionale e di sviluppo. Scongelare la burocrazia e svincolarla da lacci e lacciuoli così da snellire e rompere alcuni equilibri. Una politica, insomma, che liberi la città da una cappa paralizzante! Ricordo le demolizioni lungo la costa poste in essere intorno al 2000 dopo lunghe battaglie politiche da un lato e giornalistiche dall’altro. Si auspicava che dopo la bonifica si realizzassero insediamenti ricettivi turistici al fine di rilanciare l’economia e frenare la crescente emigrazione di giovani e meno giovani. È prevalsa purtroppo la mentalità dei conservatori, di coloro che amano vivere di rendita (tutto legittimo ovviamente), per cui il territorio è mummificato e quando si realizza qualcosa è solo per lotti destinati a residenze, persino lungo la costa. Non è cosi che si frena la migrazione, anzi la si incentiva! Si sono prodotti, e si persevera, danni oramai irreversibili e si è detto “NO” alla possibilità di creare migliaia e migliaia di posti di lavoro. Ciò comporta: desertificazione, riduzione delle natalità, miseria e povertà.
Insomma, molto dipende in questa prima fase, dalle scelte più che dal denaro. Ecco perché parlo di onestà intellettuale e di coraggio. E poiché si tratta di valutazioni non semplici, mi auguro che questa Amministrazione trovi la forza di rivoluzionare un sistema troppo avvitato su se stesso, dove la meritocrazia è un valore solo decantato ma non praticato. Altra nota dolente. Ho sempre pensato che il sindaco di una città abbia i poteri di poter cambiare la mentalità dei propri concittadini. Non una società di servi, ma educare alla rettitudine, al rispetto tra le persone, eliminando favoritismi e clientelismo. Il cittadino deve avere percezione che si amministri la pubblica amministrazione con trasparenza. Promuovere in sostanza l’idea di premiare chi è davvero bravo e non già chi utilizza la politica o lobby per aggiudicarsi appalti e/o bandi, vincere concorsi, e via discorrendo. Ecco, se a tutto questo l’attuale amministrazione saprà dire basta allora sarà vero cambiamento. Altrimenti sarà la riedizione di film già visti. E per Stasi, che ha una carriera politica davanti, sarebbe davvero un peccato sprecarla.
Colgo l’occasione, nella qualità di Direttore di I&C, di formulare gli auguri di buon anno a quanti vivono in una terra in cui, se persone oneste, per “riuscire” in ogni campo occorre moltiplicare sforzi ed energie. Per i disonesti la strada, ovviamente , è più agevole.
Matteo Lauria – Direttore I&C