C’è di tutto in questa campagna elettorale: qualche persona ritenuta perbene, altre eccessivamente discutibili. La giustizia d’altronde, in Italia, non funziona come dovrebbe né la politica ha intenzione di riformarla per ovvi interessi legati ai margini di controllo. Così come non vuole cambiare il sistema dell’informazione. E dunque siamo costretti a sorbirci costantemente i soliti predicatori del cambiamento che urlano con il solo obiettivo di soppiantare e sostituirsi a un sistema, per poi riproporre gli stessi schemi. Abbiamo creato l’Italia dei “furbetti”, un tempo più scaltri per la verità, ora invece si è persa persino l’astuzia. Il dramma è pertanto da rinvenire nel tessuto sociale. Troppa ignoranza in giro, si legge e si approfondisce poco. E’ questo il grande serbatoio di voti: l’ignoranza. Un popolo non istruito è deleterio agli apparati democratici dello Stato. E per istruito non intendo la conoscenza nozionistica di una materia, ma semplicemente sapere leggere e determinarsi rispetto a cosa accade attorno a noi, per poi pronunziarsi. Il voto è una cosa seria, non può essere messo sul mercato e barattato per una manciata di spiccioli, per una promessa, per amicizia, per affari da portare avanti. Con questa logica non cambierà mai il sistema. E diventa persino inutile lamentarsi sui social. Oggi la campagna elettorale si è trasformata in un tritacarne sociale, in cui anziché parlare dei processi seri di reale cambiamento della Calabria, si mira a come meglio denigrare l’avversario sul piano personale. Svilimento totale. Cresce la sfiducia nella politica che finirà con il produrre astensionismo. Le sedi dei partiti e di movimenti spuntano solo nelle campagne elettorali, per poi sparire una volta raggiunto l’obiettivo. Non esistono più le scuole di partito né corsi di formazione politica. Oggi ti ritrovi parlamentare, sindaco, assessore, così da un giorno all’altro. Poi magari si viene eletti e occorre attendere l’eletto anni ed anni perché inizi a conoscere il meccanismo mentre nel frattempo percepisce lauti emolumenti. Eppure stiamo parlando di gestione del denaro pubblico. Siamo nell’approssimazione più totale, in dispregio alle più elementari norme del vivere civile. E tra queste il rispetto nei confronti dei cittadini, di chi paga le tasse dopo ore e ore di lavoro per mantenere un sistema fradicio. Evidentemente, se non riusciamo a reagire con forza a determinazione a questo stato di cose è perché forse, il nostro autolesionismo, ci induce ad andare avanti e toccare il fondo. Ed è pur vero che al fondo non c’è mai fine.
Matteo Lauria – Direttore I&C