“Il Dopo” al tempo del Coronavirus – La nostra, e tutta umana, capacità e attitudine a prevedere, nel senso letterale del termine, di vedere prima, ossia di vedere, con gli occhi della nostra immaginazione, ciò che accadrà, o meglio potrebbe accadere, nel futuro, prossimo o remoto, è ed è stata, una prerogativa importantissima della nostra specie, che ci ha permesso, mercè lo sviluppo della nostra intelligenza, di prevedere, soprattutto i pericoli e quindi approntare le difese necessarie per non essere colti impreparati e alla sprovvista.
Questa stessa attitudine, o proprietà, può trasformarsi, o si trasforma, soprattutto nel nostro tempo in un pericolo, un inconveniente, un fardello, che spesso ci rende la vita difficile, piuttosto che aiutarci.
Tale proprietà di previsione, infatti, quando viene esasperata, come oggi accade, diventa fonte grave di ansie, di preoccupazioni ingiustificate, irrazionali e quindi difficilmente dominabili.
Ho detto e sottolineo irrazionali, in quanto, quando questa proprietà e capacità, non viene utilizzata, con il controllo della nostra ragione, ma diviene dominio della emotività, allora sorgono i problemi che possono anche essere gravi e seri.
Questa capacità o proprietà, quando viene, involontariamente, mal utilizzata, è la causa di ansie e di angosce, che tutti proviamo o abbiamo provato, è la causa della ipocondria, ossia paura delle malattie, al di là e al di sopra delle normali preoccupazioni, è la causa di comportamenti assolutamente irrazionali e che possono ritorcersi contro noi stessi, vanificando completamente quella facoltà di previsione, utilizzata però in modo improprio.
Perché questo lungo preambolo su una pagina del nostro diario, che vorrebbe occuparsi del dopo epidemia?
Perché, proprio quella attitudine a prevedere, fa sì che ci si prepari alla cosiddetta ”fase 2” ossia quella che segue alla più seria emergenza provocata della epidemia e si cerchi di prevedere come sarà il progressivo ritorno alla normalità e prepararlo nelle sue modalità, fase molto delicata e complessa, perché si esplica quando l’epidemia non è ancora abolita completamente, ma, in funzione di una riduzione della sua gravità, si studia un allentamento delle restrizioni personali dolorosamente resesi necessarie per contrastare il progredire del contagio.
Si comprende facilmente come questa fase sia molto delicata e pericolosa, perché un errore nella precocità dell’allentamento delle misure restrittive potrebbe avere conseguenze molto gravi sul riaccendersi della epidemia e quindi sulla salute delle persone.
Non vorrei essere al posto di chi si assumerà la responsabilità di prevedere e quindi di realizzare questo ritorno progressivo alla normalità, gravido di così pesanti conseguenze, ma mi auguro e spero, che ogni decisione venga presa sulla base di una razionale considerazione del problema e non sulla spinta di una valutazione emotiva, che tenesse conto delle pressanti richieste di tutti noi, ansiosi e desiderosi di ritornare, quanto prima, ad una seppur limitata e progressiva normalità.
Dal mio limitato e parziale osservatorio, consistente nella esperienza dei miei Pazienti e di ciò che posso modestamente cogliere, dalla osservazione di quanto mi circonda e che accade attorno a me, mi sembra di poter desumere, che la maggior parte della popolazione , attualmente interessata dalle misure restrittive, seppur necessarie, desideri, aneli soprattutto a tornare quanto prima ad una normalità precedente, ponendo certamente in secondo piano la preoccupazione per il pericolo di contagiosità della malattia, che invece dovrebbe essere al primo posto nelle preoccupazioni di ciascuno di noi.
Arrivo dolorosamente a questa conclusione, osservando due fenomeni, non certo lusinghieri e piuttosto sconcertanti nel loro significato: prima di tutto la facilità e la superficialità con la quale, in varie circostanze e occasioni si è, da parte di tanti, rinunciato con leggerezza alle più elementari norme di prudenza, riunendosi in assembramenti numerosi ove il pericolo di contagio è molto evidente e presente, soprattutto nei trascorsi giorni di festività, ma non solo. Tali circostanze sono state molto ben documentate dai servizi giornalistici e televisivi.
Accanto a queste manifestazioni sconsiderate, mi ha colpito molto e sfavorevolmente, l’elevatissimo numero di contravvenzioni al divieto di non uscire di casa, di non abbandonare il proprio domicilio, se non per giustificati e seri motivi, manifestandosi ancora una volta l’attitudine da parte di molti di noi a considerare Leggi e Divieti come uno spiacevole incomodo da aggirare con furbizia.
Rende una ulteriore dimostrazione di ciò, lo straordinario spiegamento di Forze dell’Ordine resosi necessario per obbligare al rispetto e alla osservanza di un divieto, che non avrebbe dovuto richiedere nessuna azione repressiva, visto che si è reso necessario per difendere e proteggere la nostra salute.
Ancora una volta si deve purtroppo constatare che le spinte emotive hanno la prevalenza su un controllo della ragione.