di MARTINA FORCINITI
Peccato che, dei buchi in mare, al popolo italiano di poeti, santi ma anche di distratti, oggi, importi ben poco. Non gliene si può fare una colpa: in fondo, ci sono i servizi a singhiozzo, la sanità corrotta e la disoccupazione a cui pensare. Così, a mo’ di esempio.
Se poi la nostra classe politica, con la chiamata alle urne alle porte, è in tutt’altre faccende affaccendata e poco del suo tempo può dedicare alla sensibilizzazione, non c’è da stupirsi che gli elettori non sappiano bene cosa scegliere. Il dibattito resta floscio, a meno che non capiti tra capo e collo uno scandalo come quello di Tempa Rossa (giacimento petrolifero lucano oggetto di un’inchiesta della Procura che denuncia una presunta gestione illecita dei rifiuti e traffico di influenze illecite, ndr).
La materia è sensibilmente diversa, poiché l’inchiesta riguarda delle normali estrazioni, mentre il quesito referendario si riferisce alle piattaforme off-shore. Ma le indagini in corso e le conseguenti dimissioni del Ministro dello sviluppo economico Federica Guidi (che per favorire gli interessi imprenditoriali del compagno Gianluca Gemelli ha inserito un emendamento nella legge di Stabilità che rende “strategiche per l’interesse nazionale” tutte le opere connesse alle attività estrattive di gas e petrolio, ndr) hanno incoraggiato un po’ di teste a fare a capocciate, specialmente all’interno dello stesso Pd che tanto accoratamente tifa per l’insuccesso della consultazione. Insomma, la politicuccia cialtrona sbaglia tutto. Ancora una volta. Ma proprio per questo diventa necessario votare sì al referendum del 17 aprile: il mare italiano è uno dei pochi pezzetti rimastici del nostro retaggio millenario. Va protetto. E, poi, i nostri governanti, un bel ceffone di insorgimento popolare se lo meritano per davvero. Soprattutto a queste latitudini.