Avrebbe dovuto servire agli imprenditori locali per convogliarvi le loro produzioni olivicole, per lo stoccaggio dell’olio vergine, il suo confezionamento in bottiglie, lattine e fustini, utilizzando per la commercializzazione un unico brand. Insomma un modernissimo “oleificio prototipo”, con annesso un laboratorio di analisi e altre strutture di servizio. Il tutto catalogato come “impianto d’interesse nazionale”. Dopo quasi cinquant’anni, considerando la sua sfortunata sorte, la domanda che viene naturale è se questa mega struttura, che occupa un’area di diecimila metri, servisse veramente, se l’economia locale ne avvertisse la necessità.
Certamente l’ulivo e l’olio hanno nel Rossanese un loro centro di attrazione secolare. I viaggiatori del ’700, quando arrivavano in zona, come prima cosa notavano le immense distese di ulivi. Vincenzo Battaglia, col suo prezioso studio sulla lavorazione delle olive nella provincia di Cosenza, racconta che a fine ’800 nel
Rossanese c’erano già tanti stabilimenti evoluti: 8 a vapore, 6 a forza idraulica, 5 a forza consociata a vapore e acqua e 2 stabilimenti a motore inanimato, quello di Corigliano dei baroni Compagna e un altro a Rossano del sig. Giuseppe Novello. Di uno stabilimento a vapore che si trovava a Sant’Angelo è rimasto intatto il fumaiolo.
Inoltre, nelle varie contrade, era collocata una miriade di “trappiti” di piccole dimensioni, per non spostare le olive e lavorarle in loco. Sempre a Sant’Angelo furono costruite delle cisterne per lo stoccaggio dell’olio, in attesa dell’imbarco, e una fabbrica di botti di legno per il trasporto. In un articolo dei primi del ’900
vennero indicati almeno 30 stabilimenti del circondario dove si produceva olio buono. Di questi, 15 erano nel Rossanese.
Vi operavano e commercializzavano anche grossisti di olio della Liguria, della Toscana e della Puglia. È interessante leggere negli Annali del Consiglio delle Strade Ferrate del 1891 dell’accordo stipulato con la Ditta Antonio Delbecchio di Oneglia per il trasporto su ferro di olio, da Rossano in Liguria, così come quello stipulato con Antonio Pirillo per trasportare col treno un quantitativo minimo di 600 tonnellate di olio dalla Calabria e da Rossano per Napoli. A Rossano operava la Ditta Di Fronzo Antonio e Figli di Triggiano (BA). Dei servizi ai frantoi se ne occupava la Ditta Dachier Cirò e Figli, “Pompe idrauliche – Frantoio per triturazione di ulive – Macchine in genere – Pezzi di automobili”. La Ditta Golluscio Fratelli e Figli invece lavorava “Saponi comuni di vero olio d’oliva”. Le sanse erano trattate nello stabilimento Celaro-Lombarda. Ancora, negli anni ’60, percorrendo via Margherita, dal passaggio a livello verso il Centro Storico, da ambo i lati della strada, si potevano contare i tanti depositi di olio che utilizzavano il vicino scalo merci per le spedizioni. Insomma Rossano era un grande centro per la lavorazione dell’olio e gli stabilimenti esistenti erano adeguati alla produzione. Certamente bisognava concentrarli, modernizzarli, inserirli in una comune strategia di produzione e di marketing, ma in
che modo? Con una visione da economia pianificata, dall’alto, nella quale la mano pubblica stabiliva le strategie e la direzione o con un modello cooperativo nel quale i produttori si sarebbero liberamente associati per condividere modalità di produzione, acquisti comuni su vasta scala, promozione del prodotto, ecc.? Come esempi della seconda ipotesi si può pensare al Consorzio Chianti Classico o al Consorzio Tutela Grana Padano DOP. La scelta cadde sulla prima ipotesi, quella della gestione pubblica, con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Gli imprenditori hanno scelto di restare nel loro grande o piccolo mondo – taluni limitandosi a sfruttare con minimo sforzo le comode agevolazioni dell’Europa – invece che rientrare in un circuito governato dalla politica. Ricorrenti sono state le manifestazioni di volontà di rilancio della struttura rossanese. Il 18 maggio 1987 la Giunta Regionale calabrese approvò il Piano Olivicolo Regionale, quinquennale, con un quadro finanziario di 640 miliardi di lire di spesa. Tale Piano, adottato poi nel 1991, prevedeva, tra le altre cose, anche la messa in funzione degli impianti costruiti dall’Ente di Sviluppo Agricolo, tra i quali l’elaiopolio di Rossano. Ogni sindaco ha sempre inserito nel proprio programma lo slogan “rilancio dell’Eliapolio”, ma tutto resta nel libro delle buone intenzioni, nessuno decide nulla, e così dalla stazione ferroviaria, dopo cinquant’anni, ancora si continua a intravedere solo desolazione e sperpero di risorse.
Martino A. Rizzo
I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C
Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a
Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica
sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato
il romanzo Le tentazioni della
politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri
del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito
anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione
dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,
Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,
Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.
Da fotografo dilettante cerca di cogliere
con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio
e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie
su Rossano Se chiudo gli occhi.