Cade, quindi, la condanna a sette anni di reclusione emessa in primo grado e sostanzialmente confermata in appello, seppur con una diminuzione di pena.
Secondo la prospettazione accusatoria l’imprenditore rossanese, pur non facendone parte, si sarebbe prodigato a fornire oltre 200 piante di marijuana ad una ipotizzata associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti ritenuta operante tra le piazze della Calabria e della Campania. In particolare, alla luce di quanto emerso da una intercettazione telefonica, si contestava all’uomo di aver contrattato con un rivenditore napoletano l’acquisto di oltre 200 “vasi per piante” che, a parere degli inquirenti, altro non era che sostanza stupefacente da consegnare ai presunti trafficanti calabresi.
La sentenza di condanna, emessa sulla scorta di accuse basate su pedinamenti, intercettazioni e sequestri di sostanza stupefacente, impugnata dettagliatamente dalla difesa, non ha retto al giudizio di legittimità dinanzi la suprema Corte che, in pubblica udienza, ha annullato la pronuncia di secondo grado. Finisce così, una vicenda relativa a fatti risalenti al 2011 nell’ambito dell’operazione “Piccoli passi”.
Per alcuni imputati, difatti, i giudici della Corte di Cassazione hanno annullato la sentenza, senza rinvio, dichiarando estinti i capi di imputazione per intervenuta prescrizione. I giudici hanno inoltre annullato la sentenza per il capo di imputazione relativo all’ipotesi associativa, per altri imputati, disponendo il rinvio per nuovo esame in Corte d’Appello (Comunicato stampa).