Il ritiro della multinazionale divide l’opinione pubblica e accende il dibattito politico. Il Consiglio comunale si riunisce per discutere delle responsabilità, ma le prospettive future restano incerte.
Il ritiro di Baker Hughes: un’occasione persa?
La decisione di Baker Hughes, leader mondiale nel settore energetico, di ritirarsi dal progetto legato al porto di Corigliano-Rossano è stata accolta con reazioni contrastanti. Per alcuni, si tratta di un’occasione perduta: la multinazionale avrebbe potuto portare lavoro, infrastrutture e nuove prospettive di sviluppo in un’area che da tempo lotta contro la crisi economica e la mancanza di opportunità. Il progetto, che prevedeva investimenti significativi nel potenziamento del porto, era visto da molti come la chiave per rilanciare l’intera area, rendendola competitiva a livello nazionale e internazionale.
Secondo i sostenitori dell’investimento, Baker Hughes avrebbe potuto rappresentare una svolta per l’economia locale, in particolare in un contesto occupazionale sempre più fragile. I dati sul lavoro nella provincia di Cosenza mostrano una realtà preoccupante: i contratti a tempo indeterminato sono in forte calo, scesi sotto le 11.000 unità, a vantaggio di contratti a termine che offrono poca stabilità. L’arrivo della multinazionale avrebbe potuto invertire questa tendenza, creando posti di lavoro più stabili e qualificati.
Tuttavia, non tutti condividono questa visione ottimistica. C’è chi ritiene che l’investimento di Baker Hughes avrebbe potuto non portare i benefici sperati, lasciando il territorio ancora dipendente da fluttuazioni economiche esterne e da settori non del tutto in linea con le vocazioni locali. Inoltre, si sottolinea come la stessa gestione del progetto avrebbe potuto essere carente in termini di trasparenza e sostenibilità. Secondo questi critici, l’abbandono della multinazionale potrebbe aprire la strada a nuove opportunità, magari in settori più in linea con le esigenze e le potenzialità del territorio, come il turismo, l’agroalimentare o le energie rinnovabili.
Un territorio in crisi: il contesto occupazionale di Cosenza
Indipendentemente dalle posizioni su Baker Hughes, è innegabile che la situazione occupazionale nella provincia di Cosenza rappresenti un problema strutturale. Il declino dei contratti a tempo indeterminato, unito alla precarizzazione del lavoro e alla mancanza di nuove opportunità, sta creando un clima di incertezza che colpisce soprattutto i giovani e le famiglie. La provincia sta vivendo una lenta ma costante emorragia di risorse umane, con molti che decidono di emigrare altrove in cerca di migliori prospettive lavorative.
Il ritiro di Baker Hughes, dunque, rischia di aggravare ulteriormente una situazione già fragile. La mancanza di investimenti strutturali, l’assenza di piani di sviluppo a lungo termine e la precarietà delle infrastrutture sono tutti elementi che contribuiscono a creare un clima di insicurezza tra la popolazione. Il porto di Corigliano-Rossano, che avrebbe potuto rappresentare una leva di sviluppo economico, resta oggi un’infrastruttura sottoutilizzata e priva di prospettive chiare per il futuro.
In questo contesto, la discussione odierna del Consiglio comunale rischia di trasformarsi in un processo politico sulle responsabilità del fallimento. Tuttavia, il dibattito dovrebbe spostarsi su un piano più costruttivo, guardando alle opportunità future piuttosto che concentrarsi solo su cosa non ha funzionato nel passato. Se la politica locale si limiterà a rimpallarsi le colpe, senza offrire soluzioni concrete, il rischio di alimentare tensioni sociali diventerà sempre più reale.
Tensioni sociali: un rischio concreto?
In un territorio già provato dalla crisi economica, il fallimento di un progetto importante come quello di Baker Hughes può rappresentare la scintilla che rischia di innescare tensioni sociali. Le prospettive lavorative incerte, la crescente precarietà e la mancanza di risposte da parte delle istituzioni stanno creando un clima di malcontento che potrebbe sfociare in manifestazioni di disagio sempre più evidenti.
Le esperienze passate insegnano che, quando un territorio si sente abbandonato, senza prospettive né sostegno concreto da parte della politica, la rabbia e la frustrazione possono trasformarsi in proteste e mobilitazioni. È già successo in altre aree del Paese, dove la crisi economica e la mancanza di lavoro hanno portato a scontri tra cittadini e istituzioni. A Corigliano-Rossano, dove il porto rappresenta un simbolo delle speranze tradite, il rischio che si crei un clima di tensione è palpabile.
Proprio per questo motivo, è fondamentale che il dibattito politico non si limiti alla ricerca di colpe e responsabilità. Serve uno sforzo collettivo, da parte di tutte le forze politiche e sociali, per costruire un piano di sviluppo che guardi al futuro e che sappia offrire nuove opportunità lavorative e di crescita economica.
Le prospettive future: un porto da rilanciare
Sebbene il ritiro di Baker Hughes rappresenti una battuta d’arresto, il porto di Corigliano-Rossano conserva un potenziale enorme per lo sviluppo economico dell’intera regione. Se adeguatamente valorizzato, potrebbe diventare un hub logistico strategico, capace di attrarre nuovi investimenti sia nazionali che internazionali. In particolare, il settore delle energie rinnovabili, l’agroalimentare e la logistica avanzata potrebbero rappresentare delle opportunità concrete per rilanciare l’economia locale.
Per farlo, però, è necessario un piano di sviluppo integrato che coinvolga sia le istituzioni locali che quelle regionali e nazionali. Serve un investimento serio nelle infrastrutture, nella formazione dei lavoratori e nella promozione del territorio come destinazione attrattiva per nuovi investitori. Solo attraverso una visione di lungo termine sarà possibile evitare che il porto di Corigliano-Rossano resti una risorsa inespressa.
Matteo Lauria – Direttore I&C