C’erano una volta cordari e frisculari, racconto di Martino A. Rizzo

«sta jenni arretə comə u cordaro», quale rossanese non ha sentito almeno una volta in vita sua questa espressione? Ma chi era il “cordaro”? Il cordaro, cordaio in italiano, era un artigiano che intrecciava i materiali che venivano utilizzati per produrre corde, funi e cime usate nell’agricoltura e nella pesca. Questa lavorazione prevedeva che mentre l’artigiano intrecciava dovesse camminare all’indietro. A Rossano le corde realizzate col giunco – pianta economica e facilmente reperibile – servivano principalmente al “friscularo” per fare i “frisculi”. I fiscoli, in italiano, erano necessari ai frantoi per la produzione dell’olio in quanto vi venivano poste le olive macinate per essere sottoposte alla torchiatura. C’è da aggiungere che spesso, e a Rossano era così, le attività del cordaro e del friscularo convivevano nella stessa bottega.

In una “Nuova Rossano” del 20 giugno 1909 si legge che Rocco Capozzi “da molti anni possiede qui in Rossano una fabbrica fiscoli di giungo garantito sia di Venezia che Calabrese”. Questa pubblicità proseguì sui numeri successivi del giornale mentre sul numero del 16 settembre 1909 un approfondimento della promozione spiegava che al numero civico 58 di via Umberto I esisteva il deposito di fiscoli di Rocco Capozzi che poteva vantare «il lunghissimo esercizio nella fabbricazione di fiscoli e funicello di pelo, gli fecero acquistare in questa regione Calabrese la benemerenza, in vista della quale questo anno si è invogliato a procurarsi le migliori qualità di giunco e di conseguenza è in condizione di fornire merce scelta superiore di gran lunga a qualsiasi fabbricazione. Per formarsi un’idea precisa e coscienziosa è d’uopo, mediante i relativi campioni, fare il confronto ad occhio nudo e senza tema quelli del sottoscritto sono insuperabili, e si cedono a prezzi da non temere concorrenza».

Ma senza andare a Rocco Capozzi dei primi del ’900, tra i cordari e frisculari di Rossano ancora si ricordano i fratelli Stasi, Luciano, Agostino, Peppino, Antonio e Pietro, che operavano a Porta Cappuccini – Sant’Antonio.

Infatti il cordaro per la sua attività aveva necessità di ampi spazi in modo da poter realizzare corde lunghe. Come attrezzi gli occorrevano una pigna e una grande ruota in ferro e legno. Il cordaio legava le fibre ai ganci della ruota e poi dava il via al suo aiutante perché iniziasse a far girare la macchina. Avviata la rotazione, il cordaio procedeva all’indietro accompagnando le filacce, raccolte in un grembiule legato in vita, facendo attenzione che le fibre fossero sempre in quantità tale da non creare grovigli e ispessimenti del diametro. Le fibre filavano tra le mani del cordaio ritorcendosi e creando, come per incanto, una sottile cordicella ben calibrata che scivolava tra i denti di legno della pigna intrecciandosi e, mano a mano che la corda si formava, si avvolgeva alla ruota realizzando una spessa e pesante matassa.

Ecco spiegato perciò il detto sul cordaro che camminava all’indietro.

Rossano, dove la produzione dell’olio è sempre stata centrale nell’economia cittadina, ha avuto tanti frantoi e così la richiesta di frisculi era molto alta, producendo di conseguenza una importante necessità di corda.

Successivamente i fratelli Stasi costruirono una palazzina su Viale Santo Stefano e da lì iniziò la loro nuova attività imprenditoriale di costruttori edili, motivo per il quale abbandonarono il mondo delle corde e dei frisculi.

Ma Rossano, città dell’olio, aveva sempre bisogno di tanti frisculi e così tutti ricordano che dagli anni ’50 in poi questa attività proseguì grazie ai fratelli Calabrese, Salvatore, detto Turuzzo, con funzioni di guida e di coordinamento, e i fratelli mastro Peppino e mastro Angelo che erano gli operativi nell’azienda. A coadiuvarli c’era Riccardo Campilongo, mentre a girare la ruota era impegnato anche Vittorio, conosciuto a Rossano come “Vittorio u Cioto” in quanto tanto normale non era. E anche loro intrecciavano a Sant’Antonio, dietro le case costruite dall’INA-CASA mentre la loro bottega era nel palazzo detto “della Ghiacciaia”.

Normalmente i fiscoli venivano preparati nella stagione estiva in modo da poter poi essere venduti durante la campagna olearia che si svolgeva da ottobre a marzo. Questa semplice e umile attività artigianale, realizzata con materie prime molto povere, occupava una funzione di primo piano nell’economia rossanese dove l’ulivo e l’olio hanno sempre svolto un ruolo centrale con grande valenza sociale ed economica.

Martino A. Rizzo 

 

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo è un grande curioso di storie e avvenimenti rossanesi,

coriglianesi e più in generale calabresi e gli articoli che prepara per Informazione & Comunicazione non sono altro che il risultato delle ricerche utili a soddisfare queste sue curiosità. Frutto di tale attività è stata anche la realizzazione del sito www.AnticaBibliotecaCoriglianoRossano.it che ormai si è meritato un posto di rilevo tra i siti contenenti libri, articoli e fotografie sulla Calabria, tutti liberamente scaricabili.

Una risposta

  1. per uno “straniero” questi racconti sono interessanti, per una rossanese sono anche commoventi per il ricordo di cose antiche e belle.
    grazie Martino

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