C’erano una volta i mastri cusituri, racconto di Martino A. Rizzo

A Rossano tanti erano i sarti per abbigliamento maschile. Oggi però la foto con l’insegna “Sartoria Scaramuzza” che campeggia sopra un portone chiuso e malridotto del Centro Storico rappresenta meglio di qualsiasi discorso la crisi che ha accompagnato il destino delle sartorie rossanesi. Confrontandosi con degli amici, sono ritornati alla mente, tra gli anni ’50 e ’70, circa una ventina di “Mastri Cusituri” per uomo, e di sicuro tanti sono sfuggiti alla conta.

Bisogna però precisare che in questo caso non si può colpevolizzare per la crisi di questa arte la desertificazione del Centro Storico, quanto invece il mondo dell’abbigliamento e del commercio che è profondamente mutato con un’evoluzione spietata che piano piano ha travolto i vecchi schemi portando la vendita dei capi di vestiario già confezionati, oltre che nelle grandi catene di distribuzione, addirittura su internet.

Dei maestri sarti rossanesi che nei decenni della metà del secolo scorso hanno vestito i rossanesi si ricordano mastro Tonino Molino in via Umberto I e, ripercorrendo Corso Garibaldi, Ciccio Nicastro, Gabriele Granata, Raffaele Bruno, i fratelli Arturo e Ciccio Matera, Antonio Romano, Micciullo, Toscano nel Palazzo Blasco, Battista Muzzillo, Umberto Barone, Raffaele Gallina, Isidoro Federico, i fratelli Cataldo e Ciccio Scazziota, Antonio Bollini, Dinuzzo Sacco, Cesare Guerriero, il sarto Via in Piazza del Popolo, Matera marito di donna Maria e Libordo, Gigino Scaramuzza, Grieco a San Pietro. Ancora prima di questi hanno operato Giuseppe Lettieri, Ciccio Posterivo, Ciccio Sapia, Battista Scazziota, Ciccio e Peppino Sacco, che hanno trasmesso l’arte a tanti allievi.

Ma perché così tanti? Una facile risposta si desume dalle vecchie foto. Quelle delle scolaresche, per esempio, che ritraggono i ragazzi dell’epoca che frequentavano le superiori e andavano a scuola con giacca e cravatta. E poi nelle vecchie cartoline di Piazza Steri e Santi Anargiri tutte le persone immortalate dagli scatti, a prescindere dal loro ceto sociale, erano anche loro vestiti con giacca e cravatta. Considerando che i negozi di capi di abbigliamento prêt-à-porter erano di là da venire, per vestirsi non si poteva non ricorrere ai sarti che, con la loro alta artigianalità, disegnavano, segnavano le stoffe, le tagliavano, le cucivano e con passione e maestria davano la forma agli abiti.

Poi gradualmente cambiarono le convenzioni sociali e a scuola e in piazza si cominciò ad andare con la camicia o col pullover mentre i vestiti si iniziò ad acquistarli già confezionati. A Rossano aprì la strada del commercio degli abiti, negli anni ’50, Tonino De Gennaro su Corso Garibaldi, nel palazzo Amarelli. Poi fu la volta di Franco Mandarini e di Michele Masciopinto, “u barese” e così ci si avviò verso il declino inesorabile delle sartorie del paese. Anche “u venneri”, il mercato che tanti anni fa si teneva ogni venerdì in Piazza del Popolo e a Santo Nico, diede un altro piccolo colpetto alla categoria.

Oggi invece il sarto e il camiciaio che confezionano capi su misura sono ritornati di moda, ma si rivolgono a un mercato di nicchia e di élite che col Centro Storico purtroppo non ha più nulla da spartire.

Martino A. Rizzo

 

 

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Martino Antonio Rizzo è un grande curioso di storie e avvenimenti rossanesi, coriglianesi e più in generale calabresi e gli articoli che prepara per Informazione & Comunicazione non sono altro che il risultato delle ricerche utili a soddisfare queste sue curiosità. Frutto di tale attività è stata anche la realizzazione del sito AnticaBibliotecaCoriglianoRossano che ormai si è meritato un posto di rilevo tra i siti contenenti libri, articoli e fotografie sulla Calabria, tutti liberamente scaricabili.

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