Che Gemma di libro! Paolo Cognetti con l’ultimo romanzo scende a valle e si eleva

Una rubrica sui libri. Perché? In questo nostro tempo veloce e senza pause, rallentare è l’unica azione possibile per riappropriarci della nostra anima. E lo facciamo con Gemma, docente e grande appassionata di libri di Corigliano-Rossano, che ci aiuta con le sue letture a sgretolare qualche luogo comune del mondo culturale, raccontando in poche parole, da oggi due volte al mese circa, che cosa meriti almeno un’occhiata in libreria. Non perdiamoci i suoi consigli!

COGNETTI SCENDE A VALLE E SI ELEVA

Toppate un paio di letture in una sola settimana, con Paolo Cognetti ho sentito di andare sul sicuro.

E non sbagliavo. L’ultimo romanzo (Giù nella valle, Einaudi, 24 ottobre 2023), dopo i sottotono Senza mai arrivare in cima (2018) e La felicità del lupo (2021), ci restituisce la fluidità ipnotica de Le otto montagne (Premio Strega 2017). Lo scrittore, matematico e alpinista, scende in Valsesia, sul fiume alle pendici del Rosa, risale fino ai 1800 m. di Fontana Fredda e si spinge fino a dove termina il Canada, oltre il Circolo polare artico.

Dà la parola, alternando la narrazione in terza persona a quella in prima, a una cagnetta bianca al limite dell’infanzia, a un cane che potrebbe essere un lupo e a una famiglia di alcolisti: Luigi il larice, guardia forestale che sembra fare tutto secondo le regole; il fratello Fredo, l’abete espatriato, ex galeotto che va in giro con un’accetta; il padre Grato, che alla loro nascita aveva piantato i due alberi e non riesce ad uscire di scena neanche dopo essersi sparato alla testa col proprio fucile.

“Tu, larice, sei destinato a crescere al sole, a tirarti su in alto, duro e fragile, e ondeggiare nel vento.

Tu, abete, invece crescerai ombroso, ma forte e resistente, protetto dagli aghi anche in inverno, adatto al gelo.”

Non sempre, però, va come deve andare, nei libri come nella realtà, e pochi esiti, specie di fronte alla natura, sono prevedibili.

“Vedi come si scende di quota nella vita: ero un abete, sono diventato un acero.”

“Ora che le dico addio, a questa valle, con mio fratello che mi corre dietro con il lampeggiante acceso, mi pare di sfilare davanti a tutti i bar della mia vita. Vado giù a manetta e li saluto uno per uno, come quando si faceva nottata e si finiva all’autogrill per colazione.”

Ci sono anche le donne. Betta, la moglie milanese di Luigi, che sceglie di rinunciare agli studi alla politica e al lusso per radicarsi sul Sesia e ora aspetta una bambina.

“Lei dalle parole degli ubriachi aveva imparato a non farsi ferire.”

“L’aquila spicca il volo dalla cima del larice, e lei nota che non decolla sbattendo le ali, come gli altri uccelli. le spalanca e si getta nel vento che sale dal fondovalle. che bellezza dev’essere, pensa, gettarsi nel vento in quel modo.”

Non ci sono parole, ritengo, che possano suggellare un’immagine di tale forza espressiva.

E poi c’è Gemma, una dei pochi abitanti dei Milleotto, poco più di una comparsa ma l’unica a non accettare la trasformazione che di lì a poco muterà per sempre quell’habitat.

Naturalmente, aveva ragione Gemma. Ma è dalla notte dei tempi che gli uomini tagliano le piante,

accoppano le bestie e si sfondano la testa a vicenda. Se c’è del male su questa terra è solo roba nostra.

Intorno gli altri personaggi della Valle, ruvidi e istintivi, che tentano di incontrarsi al bar, ma restano

rette parallele. Intorno, soprattutto, l’autenticità del paesaggio: il fiume che ha attributi femminili di

fertilità e maschili di violenza, i boschi, la montagna.

Pare siano delineati gli Ultimi della società, ma, ahinoi, siamo chiamati in causa tutti. Per la

complessità delle relazioni umane, per temi come abbandono, fuga, avidità. Per le eterne dicotomie tra

Natura e Cultura, Uomo e Animale e Amore e Morte.

Nella Nota dell’autore, Cognetti sentenzia: “Non si sa come arrivino agli artisti i momenti di grazia, è un mistero”. Comunque sia, queste sue cento pagine sono frutto di uno di questi momenti. Giunto dopo anni di ascolto dell’album Nebraska del Boss e di lettura dei racconti di Flannery O’Connor e Raymond Carver (“recuperateli” entrambi, se non li conoscete!).

Fatevi compagnia con questo libro a novembre, mese che Melville definiva “umido e piovigginoso” ci ricorda l’autore.

(Per inciso, le due letture che non consiglio sono quella irritante del da me incompreso Premio Nobel Fosse e quella scontata di Emanuelli).

Gemma

 

Gemma Acri Guido è nata a Cariati e cresciuta a Rossano. Ha poi cambiato casa e paese più volte di quelle in cui si è lasciata tagliare i capelli.

Dopo qualche anno nelle scuole del Cuneese, ora insegna Lettere al Liceo artistico di Ciampino. In precedenza è stata corrispondente de “Il Quotidiano della Calabria”, editor e correttrice di bozze. Le piace mangiare (anche se non si direbbe!), andare al cinema, viaggiare e camminare. Crede che i suoi genitori l’abbiano ormai perdonata per aver trasformato la loro casa in una biblioteca. E che l’ironia, i cani e la poesia salveranno il mondo. Oltre alla lettura, naturalmente!

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