Che Gemma di libro! Questa domenica Valentina Mira con “Dalla stessa parte mi troverai”

Una rubrica sui libri. Perché? In questo nostro tempo veloce e senza pause, rallentare è l’unica azione possibile per riappropriarci della nostra anima. E lo facciamo con Gemma, docente e grande appassionata di libri di Corigliano-Rossano, che ci aiuta con le sue letture a sgretolare qualche luogo comune del mondo culturale, raccontando in poche parole, ogni domenica, che cosa meriti almeno un’occhiata in libreria. Non perdiamoci i suoi consigli!

SULLO STESSO MARCIAPIEDE CI TROVERAI

«La leggenda della fondazione di Roma è anche la leggenda di Acca Larentia.

Era questo il nome della moglie del pastore (Faustolo, ndr) che salvò i gemelli più famosi di sempre, Romolo e Remo.

In molte versioni del mito, in quella di Lattanzio, per esempio, Acca Larentia era soprannominata “Lupa”. Ed è così che i Romani indicavano le prostitute. […]

Del latte di una puttana si nutrirono i due gemelli.

Prima di scoprire che non tutte le fratellanze sono destinate a essere.

Che in alcuni casi uno tradirà l’altro. […]

Roma sorge dalla violenza. […]

Con il latte e con il sangue.

E così continua».

T’inchioda alla sedia (facciamo sul divano, sì) questa prima pagina del romanzo “Dalla stessa parte mi troverai” (SEM) di Valentina Mira!

L’ho comprato, per il titolo degregoriano e perché la copertina verde acqua-turchese spiccava nella vetrina della libreria di Termini, a pochi giorni dall’uscita (il 12 gennaio) e dalla quarantacinquesima commemorazione in via Acca Larentia. Mi sono ritrovata a leggerlo con negli occhi ancora vivide le immagini dei manganelli sui volti di quelli che potevano essere miei alunni.

Da bambina l’autrice pensava che la grande croce celtica sull’asfalto di via Acca Larentia fosse un mirino. Il 7 gennaio del 2008, adolescente, scopre che non è poi una cosa tanto diversa perché le capita per caso di assistere ad uno di quei raduni che le avevano detto non esistere più. E invece ci sono molti uomini e ragazzi, qualche vecchio e pochissime donne (tra le quali l’allora Ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, che deposita una corona di fiori sulla croce), tutti vestiti di nero, molte teste rasate e qualche bomber, che marciano tristi e solenni in una coreografia collaudata sull’attenti, le braccia destre puntate al cielo e i “presente” urlati per i camerati deceduti.

Nello stesso posto, trent’anni prima, negli “anni di piombo”, non c’è la croce e Francesco Ciavatta e Franco Bigonzetti, militanti del Fronte della gioventù, mentre escono dalla sede dell’MSI, vengono ammazzati; un altro esponente della destra, Stefano Recchioni, muore più tardi, durante gli scontri con le forze dell’ordine ad una manifestazione non autorizzata. Carabiniere assolto.

Un mese dopo, la narrazione vira sull’amore, a una riunione in una casa occupata della Marranella, si “ trovano” una “ragazza bionda con gli occhi di mare” della Garbatella e un ragazzo riccioluto coi baffetti dell’Alessandrino. Sono Rossella Scarponi, quindicenne, e Mario Scrocca, diciottenne. Seguono tanti baci “da far invidia al quinto carme di Catullo”, la convivenza, la ricerca di lavori stabili e, nel 1984, un mutuo per la casa a Colli Aniene e una gravidanza.

Tornando al 1978, alla fine di febbraio, i NAR uccidono, per vendetta e perché non trovano il bersaglio concordato, il ventiquattrenne Roberto Scialabba. Valerio «Fioravanti si mette a cavalcioni su di lui e gli dà due colpi alla nuca per finirlo». Memoria del caduto infangata per droga.

Nel 1984 viene arrestata la quattordicenne Livia Todini, fa parte della sinistra extraparlamentare e, a gamba letteralmente rotta, si pente e rivela di tutto, anche che a una riunione collegata ad Acca Larentia c’era un tipo riccio e bruno di nome Mario. La mitraglietta Skorpion dell’attentato, intanto, spara fino al 1986, quando a essere colpito è l’ex sindaco di Firenze. L’inchiesta viene riaperta e la poco affidabile testimonianza della Landini recuperata. Sono spiccati due mandati di cattura, uno è per Scrocca. L’infermiere e sindacalista è prelevato all’alba da casa, mentre dorme nel lettone con la moglie e il figlio Tiziano di due anni. Portato a Regina Coeli, incontra l’avvocato Mattina, che rassicura Rossella, non hanno alcunché in mano per trattenerlo. L’interrogatorio, però, riprenderà lunedì: tre giorni di isolamento sono tanti. La sera del 1° maggio, mentre Tiziano rischia di soffocare a cena, il padre muore impiccato in una cella anti-impiccagione. Per i funerali, i dettagli urticanti dell’unica inchiesta (perché un’altra a pagamento la Scarponi non può permettersela), la lunga fila di elementi che non tornano nell’ipotesi del suicidio vi rimando, oltre che alla lettura di queste pagine, al documentario “Il ragazzo che lottava per i marciapiedi” di Giancarlo Castelli e R. e T. Scrocca, disegni di Zerocalcare (Youtube, 20 minuti).

La Mira, che scrive per la Radiotelevisione svizzera, ha esordito, nel 2021, con il caso editoriale “X” (Fandango Libri), la storia vera sulla violenza di genere subita. Alla seconda presentazione incontra la Scarponi e, violando il coprifuoco per la pandemia, scatta la sorellanza: «Ci sono storie che sono anticorpi. Persone come anticorpi». Condividono il femminismo intersezionale, la convinzione che la legge del più forte vada ribaltata, l’opinione che l’estrema destra menta quando si definisce rivoluzionaria. La necessità che Acca Larentia non sia più raccontata solo attraverso il vittimismo. Prende forma così quest’opera, che serve alla Mira, nata il 25 aprile, per espiare la colpa di essere stata insieme a un fascista e avergli consentito di manipolarla. Sa che il fascismo non si cura solo con i libri, ma è certa che l’essere stata intortata sia dipeso, non solo da meccanismi psicologici, anche dall’ignorare nozioni ed eventi della storia più recente, quelli che di solito non si studiano a scuola e non si trovano nei romanzi. E ha ragione, bisogna conoscere e sapere per scegliere consapevolmente e in maniera critica da che parte farsi trovare. Per non lasciare più spazio al negazionismo. Usa spesso la paratassi e un linguaggio semplice per smontare, alla maniera di uno storico divulgatore, la retorica fascista e il burocratese. Per riassumere le radici del male, i lutti e la guerra civile, sin dal secondo dopoguerra. Per ribadire, elencando le motivazioni (la connivenza con lo Stato, ad esempio), che fascismo e antifascismo non sono la stessa cosa. Che le cosiddette “cose buone” sono una trappola per chi non ha il coraggio di vedere. Che il perdono, il dialogo e la pacificazione non possono prescindere da una profonda presa di coscienza. Che non bisogna accettare il ridimensionamento, la rimozione o la normalizzazione di responsabilità (Francesca Mambro sul palco di CL nel 2004; un discorso per chiedere la fiducia al Parlamento nel 2022). Per non dimenticare i “danni collaterali”, le vite, ritenute sacrificabili dalle forze che dovrebbero tutelare i cittadini, di: Giuseppe Pinelli (si recuperi la commedia “Morte accidentale di un anarchico” di Dario Fo), Federico Aldrovandi, Mario Scrocca, Carlo Giuliani, Stefano Cucchi e, purtroppo, altri.

Per evitare di scegliere di non scegliere, la scelta peggiore per Kierkegaard, davanti a quei manganelli sulle teste dei nostri ragazzi.

Gemma Guido 

N.B.: Mercoledì scorso, contattata su Messenger, la Mira ha letto e apprezzato questa recensione. Giovedì mattina ha scoperto che il suo libro è tra quelli proposti al Premio Strega.

L’illustrazione è dell’alunna Elisa. Per una schiappa come me in disegno, il fatto che lei riesca a realizzare ciò che immagino e come lo immagino ha del magico e miracoloso.

 

Una risposta

  1. È ammirevole ciò che riesci ad intercettare e a mettere in evidenza e lo è ancora di più per come lo sai conciliare con il tuo lavoro di docente sempre attenta e presente.

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