Il caso di Crotone (spoke) è quello più evidente: nel rapporto numero di abitanti/contagi (rispetto ad altre città della stessa Calabria) presenta dei dati altamente allarmanti. A Corigliano Rossano finora, il percorso dedicato non è stato ancora autorizzato, abbiamo avuto modo di constatare, allo stesso tempo, come i sospetti covid siano stati regolarmente trattati e ricoverati pur in assenza dei protocolli da seguire. Questa diffusa organizzazione precaria tra gli stabilimenti di Corigliano e di Rossano avrà concorso all’assunzione di maggiori contagi? Le condizioni ci sono tutte, seppure sia difficile poterlo dimostrare. Ma una classe dirigente responsabile deve saper e poter eliminare ogni minimo rischio. Cosicché abbiamo da un lato chi ha deciso di estendere i covid negli spoke e dall’altro chi ha deciso di accogliere tali poli, approfittando dell’emergenza per rilanciare i propri presidi sanitari. Quasi una corsa a incassare i “covid” nonostante la consapevolezza della carenza di personale qualificato, della onerosità dell’operazione, del problema della promiscuità ( gli ambienti devono essere realizzati in luoghi isolati). Francamente se sul piatto ci sono delle vite umane è meglio rinviare una battaglia rivendicazionista a dopo la pandemia! E non è un caso se è proprio nelle aree spoke che si rinvengono i maggiori contagi. Così come non è un caso se il sindaco di Lamezia (spoke) ha assunto una ferma e decisa presa di posizione ritenendo assolutamente inadeguato quel presidio ospedaliero ad ospitare covid ( blocco del trasferimento degli anziani di Chiaravalle). Stesse resistenze nello spoke di Castrovillari e di Cetraro. E a chi pensa che superata la fase emergenziale nelle sedi spoke rimarranno i posti assegnati (covid) deve far riflettere uno stralcio della lettera inviata dal commissario dell’Asp Zuccatelli al commissario Cotticelli in ordine allo spoke di Cetraro:”Resta inteso che il presidio ospedaliero di Cetraro tornerà ad acquisire lo stesso assetto organizzativo e la medesima operatività assistenziale al momento del superamento dell’attuale fase emergenziale”. Da una prima interpretazione si desume che una volta terminata l’emergenza quei posti assegnati saranno soppressi, se non altro per ragioni di costi riconducibili al personale. Ma si può pensare, infine, che in un’Italia in cui si è a corto di mascherine, di ventilatori, di kit per tamponi, si possano dispensare in lungo e in largo posti letto covid che richiede non solo strumentazione onerosa, ma anche rianimatori, anestesisti, e personale infermieristico qualificato?
Matteo Lauria – Direttore I&C