A Caivano uno stupro ha determinato un “decreto Caivano”, a Corigliano Rossano abbiamo stupri, pestaggi mortali, soggetti giustiziati a colpi di pistola e un groppone di altre morti alle nostre spalle e stiamo a mendicare la riapertura di un tribunale o la elevazione di un commissariato. Il presente, come il passato, continua a relegarci in un angolo invisibile, come se i cittadini da queste parti non pagassero le tasse tanto come le pagano i cittadini di Roma o Milano. Qualche imbecille, quando si dicono certe cose, ci bolla come vittimisti o “piagnoni” senza confrontarsi con la realtà. E ci si sottrae al confronto perché ne uscirebbero con le ossa rotte.
Il problema non è solo la criminalità in sé; è anche la mancanza di una risposta adeguata da parte dello Stato. Mentre alcune regioni possono contare su una presenza massiccia delle forze dell’ordine e tribunali ben attrezzati, altre, sono abbandonate e dimenticate. Penso sia giunto il momento di un risveglio delle coscienze. Immaginiamo un ritorno alle piazze come faro per dire allo stato: “esistiamo anche noi!”. Dobbiamo unirci come comunità, come cittadini, e chiedere un’immediata attenzione alle nostre necessità. La criminalità non può più essere ignorata o tollerata, e lo Stato deve fare la sua parte per combatterla. È ora di mettere fine alla logica dei due pesi e delle due misure. È ora di porre fine all’indifferenza delle istituzioni. È ora di affermare il diritto di ogni cittadino italiano a vivere in un ambiente sicuro e protetto. Occorre potenziare le forze di polizia, elevare il commissiariato di Corigliano Rossano a distretto, il reparto territoriale dei carabinieri a Gruppo, e la riapertura del Tribunale di Corigliano Rossano. Questa sarebbe un risposta esaustiva che allevierebbe la mole di lavoro che carica l’attuale autorità giudiziaria nel suo complesso.
Matteo Lauria – direttore i&c