Editoriale. Il dramma del lavoro in Calabria: una volta si emigrava per necessità, adesso anche per scelta

La Calabria continua a essere travolta da un dramma che non conosce fine: il lavoro, o meglio, la sua assenza. Da decenni, questa regione vive una crisi occupazionale che, nonostante proclami, promesse e campagne elettorali, resta irrisolta. I dati parlano chiaro e senza pietà. Secondo il CNEL e l’ISTAT, oltre il 35% della popolazione under 35 è senza lavoro. Solo il 32,6% delle donne calabresi è occupata. Numeri che fanno rabbrividire e che mostrano una regione bloccata in un circolo vizioso di spopolamento e declino economico.

Mentre i giovani fuggono verso il Nord o l’estero in cerca di opportunità, chi resta in Calabria si confronta con un sistema che non offre nulla se non precarietà e stagnazione. La politica, intanto, prosegue imperterrita nel suo eterno gioco delle parti: chi governa dipinge un quadro ottimistico, vantando presunti miglioramenti; chi fa opposizione denuncia un disastro totale. La verità? Semplice: nessuno è stato in grado di risolvere il problema. E, poiché il nostro sistema è basato sull’alternanza, ogni nuova amministrazione eredita e perpetua l’immobilismo della precedente.

E a Natale ce ne accorgiamo ancor di più. I calabresi che vivono altrove tornano per abbracciare i propri cari, per respirare un po’ dell’aria della loro terra, ma lo fanno solo di passaggio. Dopo Capodanno, tornano a immergersi nelle loro nuove vite, lontane dalla precarietà calabrese. Una realtà amara, ma innegabile, che testimonia quanto poco questa regione riesca a trattenere i suoi figli.

Le responsabilità della politica e la città di Corigliano Rossano

Cosa può fare la politica? La risposta è semplice: agire. Invece di limitarsi a parlare o a scontrarsi sul piano apparentemente ideologico, servono azioni concrete. Agli eletti spetta il compito di trovare soluzioni, mentre giornalisti e cittadini hanno il diritto di criticare e denunciare. La Calabria è una terra con un potenziale immenso: risorse naturali, cultura, storia e una posizione geografica strategica. Potrebbe quasi autogovernarsi se solo esistesse una visione chiara e una classe dirigente all’altezza. Purtroppo, ciò che manca è l’attenzione del tessuto sociale. Si è instaurata una rassegnazione collettiva che ha anestetizzato le coscienze, lasciando ampio spazio alla politica clientelare e alla mediocrità amministrativa.

In Calabria, chi deve dare risposte sembra avere poche pressioni. L’elettorato, ormai rassegnato, o non si esprime ( astensione) o si muove sotto pressione. Spesso è poco determinante il voto libero, di opinione. E ciò lascia campo libero ai manovratori. Dopo la fusione, la città di Corigliano Rossano ha gradualmente assunto posizioni importanti, ma il lavoro da fare è ancora tanto. Nonostante gli sforzi degli amministratori, manca una visione ampia. Senza un motore propulsivo capace di creare posti di lavoro, gli interventi straordinari restano episodi isolati.

Fortunatamente, l’iniziativa privata porta minimi segnali di vitalità. Negozi e locali notturni aprono, e anche piccole e medie imprese,  ma c’è bisogno di altro. Serve un indotto, quel fermento che caratterizza città come Cosenza, Catanzaro o Reggio Calabria, grazie alla presenza di ospedali, tribunali, università e sedi provinciali. Sono infrastrutture che generano numeri e presenze, alimentando l’economia locale. Non è un caso che Corso Mazzini a Cosenza sia spesso animato da un viavai di persone. Ma tutto questo non basta per rilanciare una regione. E se non c’è utenza cade l’economia perché oggi si lavora con i numeri. Lo fanno le banche, lo fa lo Stato, le regioni, i comuni. Senza numeri niente ospedali, niente tribunali, niente aerei o treni. La Costituzione è ormai carta straccia. Si ragiona per contabilità, non per servizi che lo Stato è obbligato ad erogare senza favoritismi territoriali.

Una speranza per il futuro

Il 2025 potrebbe rappresentare un punto di svolta, ma solo se si abbandona il solito schema del gioco delle parti. La politica deve trovare un accordo sui grandi temi e riconoscere che il dramma occupazionale non può essere ignorato. Un tempo si emigrava per necessità; oggi lo si fa anche per scelta. Questa consapevolezza è la più grande condanna per una terra che, invece, potrebbe offrire opportunità a chi ha il coraggio di restare. La Calabria non ha bisogno di assistenzialismo, ma di politiche coraggiose e lungimiranti. Serve un piano strategico che crei lavoro, che rilanci i settori produttivi, che trattenga i giovani e valorizzi le donne. Questo è il compito della politica. Il nostro è ricordarglielo, sempre, senza rassegnarci. Perché la Calabria merita di più. E i calabresi anche.

Matteo Lauria – Direttore I&C

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