In un mondo in cui l’efficienza e la produttività sembrano essere gli unici metri di giudizio per valutare il successo di un’impresa, è facile cadere nella trappola del focalizzarsi unicamente sull’obiettivo finale. Ma questo approccio, spesso acclamato e lodato, nasconde una verità pericolosa: l’ossessione per il risultato può distogliere l’attenzione dall’importanza del contesto e delle dinamiche sociali che influenzano il raggiungimento stesso di quegli obiettivi.
Immaginiamo, ad esempio, un imprenditore che decide di costruire un grattacielo. Se questo progetto nasce in un contesto sociale ed economico improduttivo, il rischio è che gli appartamenti restino invenduti o, nel migliore dei casi, venduti con guadagni minimi. È un errore in cui, purtroppo, molti imprenditori anche queste latitudini stanno inciampando. È importante comprendere che il successo di un progetto non si misura solo dalla sua realizzazione, ma dalla sua integrazione e sostenibilità nel tessuto socio-economico circostante.
In questo senso, è auspicabile che gli imprenditori non continuino a nascondersi dietro un silenzio dettato dalla paura di ritorsioni o dalle complicazioni burocratiche di uno Stato carico di norme. Il silenzio non porta da nessuna parte, anzi, è un boomerang che torna indietro con conseguenze negative. Esprimere le proprie opinioni sulle prospettive del territorio, partecipare attivamente al dibattito pubblico, è un dovere per chiunque desideri vedere prosperare non solo la propria impresa, ma l’intera comunità.
Un esempio concreto è la battaglia per l’istituzione di una provincia jonica o per la creazione di un’area metropolitana nel golfo di Taranto, la cosiddetta Baia della Magna Graecia. Questi progetti hanno il potenziale di trasformare l’economia locale, mettendo in collegamento 24 scali portuali da Crotone a Gallipoli e intercettando i flussi turistici del Salento e viceversa. L’idea che un cittadino possa partire dal porto di Corigliano con aliscafi e giungere a Gallipoli in poco più di 70 minuti rappresenta una rivoluzione logistica e turistica. Tuttavia, questi risultati si possono raggiungere solo con il contributo di tutti.
Delegare tali iniziative a pochi o alla sola classe politica (assente su questi temi) è un errore grave. Un vero imprenditore non si accontenta di un piatto di lenticchie, ma mira a costruirsi colazione, pranzo e cena. Investire nel territorio, partecipare alle decisioni collettive e sostenere i progetti di sviluppo locale non è solo un’opportunità, ma una responsabilità.
Il resto si chiama “prenditore” – una figura passiva che prende ciò che può senza investire né nel presente né nel futuro. Essere imprenditori significa, invece, avere una visione più ampia, comprendere che il successo personale è intrinsecamente legato al benessere della comunità. E questa visione si costruisce giorno per giorno, con il coraggio di esporsi, di dire la propria e di contribuire attivamente allo sviluppo del territorio.
In definitiva, è ora che gli imprenditori si alzino, facciano sentire la propria voce e partecipino alla costruzione di un futuro sostenibile e prospero per tutti. Perché il successo di uno è il successo di tutti.
Matteo Lauria – Direttore I&C
Una risposta
È paradossale, volendo usare un eufemismo, voler dare lezioni su come fare impresa, in un territorio dove le istituzioni pubbliche, i mezzi di informazione e le organizzazioni sociali, da sempre, scappano ed evitano il confronto con aziende multinazionali che creano lavoro e sviluppo, del calibro di ENEL e NUOVO PIGNONE. Abbiamo la sfrontatezza di lamentarci del piatto di lenticchie. Chi vuole altro è costretto ad emigrare altrove. “Chi è causa del suo mal pianga sé stesso “.