Ottant’anni dopo. Tanti ne sono passati da quel 25 aprile 1945. Un giorno inciso nella memoria collettiva come simbolo della liberazione dall’occupazione nazifascista. Un punto di svolta, una rinascita civile. Ma oggi, a ottant’anni di distanza, possiamo dire di essere davvero liberi? La libertà, quella vera, non è solo assenza di guerra ( che pure ci sono anche di tipo commerciale) o fine di una dittatura dichiarata. È possibilità di scelta, di pensiero, di parola. È accesso equo alle risorse, è dignità garantita a tutti, è giustizia che non guarda in faccia nessuno. È un’informazione libera da padroni, è un’economia che non calpesta le persone, è politica che serve i cittadini e non li usa.
Viviamo in un mondo dove il denaro detta legge. Le decisioni che contano vengono prese da chi comanda l’economia, non da chi vota. Le multinazionali influenzano governi, dettano le regole del mercato, orientano le scelte sociali. Si parla di democrazia, ma spesso è solo un involucro: dentro, c’è un potere concentrato, che decide in silenzio e impone con eleganza. È questa la libertà?
Non c’è bisogno di un esercito per occupare una nazione. Bastano debiti, contratti capestro, piattaforme digitali che ci controllano senza che ce ne accorgiamo. Bastano stipendi bassi e sogni cancellati. Bastano i media addomesticati e il pensiero unico, quello che ti convince che non ci sia alternativa. Bastano le paure create a tavolino e le emergenze gestite come occasioni per togliere diritti. Bastano concorsi truccati o bandi decisi a tavolino per far sentire i più bravi impotenti. Altro che libertà!
Certo, non ci sono carri armati nelle strade. Ma ci sono milioni di persone che non arrivano a fine mese, giovani costretti ad andarsene, lavoratori senza tutele, anziani dimenticati. Ci sono territori svuotati, comunità disgregate, parole che fanno paura. Ci sono studenti trattati come numeri e malati come costi.
Ottant’anni dopo, il 25 aprile resta una data viva. Ma chiede a ciascuno di noi un’assunzione di responsabilità. Perché la libertà non si eredita: si conquista, ogni giorno. E si difende. Non basta commemorare. Serve capire, vigilare, agire.
E allora sì, celebriamo la Liberazione. Ma senza ipocrisie. Con la consapevolezza che oggi nuove catene esistono. Diverse, silenziose, invisibili. E che non basta dirsi liberi per esserlo davvero.
Matteo Lauria – Direttore I&C
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Una risposta
E’ da un po’ che non ti leggevo, caro Matteo, questa volta hai scritto benissimo, non basta dirsi liberi per esserlo davvero, e altrettanto giuste sono le tue considerazioni sullo stato della nostra repubblica, malaticcio a causa delle piccolezze italiche e del panorama internazionale che da molto tempo ci opprime o ci tiene al guinzaglio( sotto varie forme). Ci siamo conosciuti in una Radio di piccola città RADIO Rossano Centro e già da allora manifestavi l’amore per la notizia vera, oggi ti sei evoluto col digitale, ma sei cresciuto anche in esperienza, nonostante non sei un giornalista laureato, ma sei un giornalista efficace ed efficiente pure, ed anche gli editoriali seri sai scrivere. Il nostro territorio ha bisogno di gente come te, ma prima ancora ha bisogno che le forze si uniscano, pr ottennere qualche miglioramento sensibile, innanzi tutto nelle coscienze e òoi anche nella realtà. Abbiamo la vicina Villapiana Scalo e Lido soprattutto dove una buona azione amministrativa locale ha pennellato un abbozzo di organizzazione turistica e cittadino-turistica locale che nè Schiavonea e tantomeno Rossano o anche Sibari si sognano. Ne sono rimasto piacevolmente sfiorato in una visita fugace pomeridiana di un giorno festivo, dove ho visto tanta animazione e qualche soluzione urbanistica accettabile dalpunto di vista turistico, pur in un quadro generale non particolarmente brillante. Ecco ho visto almeno una dignità turistica locale a Villapiana Lido. Continua a scrivere di ciò chenoi siamo e come vogliamo cambiare, che non sbagli. Ciao