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Editoriale. Poltrone ai servili, non ai capaci: il prezzo lo paghiamo tutti

C’è un problema che da anni avvelena la politica italiana, ma che oggi ha raggiunto livelli grotteschi. È quello della selezione del personale politico. Una pratica che ha abbandonato qualsiasi criterio di merito, competenza, esperienza. Oggi basta essere fedeli. Anzi, basta essere servili. Persone che il giorno prima non sapevano nulla di amministrazione, bilanci, leggi, territori, si ritrovano improvvisamente in Consigli regionali, alla guida di Comuni, o addirittura in Parlamento. Non hanno una visione, non hanno un progetto, non hanno neanche il coraggio di esporsi in pubblico se non per ripetere slogan scritti da altri.

Eppure sono lì, seduti su poltrone da 10, 15, 20 mila euro al mese. A decidere per milioni di cittadini. A votare leggi. A distribuire fondi pubblici. A presiedere commissioni. Una classe dirigente nata non per costruzione, ma per cooptazione. Questo sistema ha un nome: irresponsabilità. Irresponsabilità dei partiti, che hanno abdicato al loro ruolo di fucine di idee e selezione di classe dirigente. Irresponsabilità di chi, pur consapevole dei propri limiti, accetta l’incarico senza un minimo di pudore. Irresponsabilità di un elettorato spesso passivo o rassegnato, che si accontenta di votare “il meno peggio”.

Non è più tollerabile che il Sud – e la Calabria in particolare – sia trattato come una terra di riserva per nominati senza storia, senza radici, senza visione. Non è più accettabile che l’accesso alla politica diventi una scorciatoia sociale per chi non ha mai fatto una battaglia, mai preso una posizione, mai detto una parola scomoda. Ci vuole una rivoluzione. Una rivoluzione culturale e politica che rimetta al centro il valore delle competenze, delle idee, del coraggio di esporsi. Non serve gente che alza la mano a comando. Serve chi conosce il territorio, chi lo vive ogni giorno, chi ha dimostrato qualcosa prima di pretendere una carica.

L’Italia non crescerà mai se continuerà a essere governata da improvvisati, da yes men e da funzionari del consenso. Basta casting per fedeli. Basta ricompense per silenzi. Basta stipendi d’oro a chi non sa nemmeno distinguere un bilancio da un comunicato stampa. Se davvero vogliamo un futuro diverso, dobbiamo cominciare da qui. Dalla selezione della classe politica. Da un nuovo senso di responsabilità. Perché il disastro in cui siamo finiti non è un caso. È una conseguenza.

Matteo Lauria – Direttore I&C

2 risposte

  1. Condivido tutto. È necessario che tutti facciamo autocritica e parta da ognuidi noi una silenziosa ma efficace rivoluzione che ci porterà di sicuro un futuro migliore. Dobbiamo rompere gli schemi senza paura e riprenderci in mano il futuro che oggi appare opaco perché labbiamo delegato degli incapaci. Forza …

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