Editoriale. Ranucci accolto come un eroe, ma l’anfiteatro si sarebbe riempito per chiunque

 L’arrivo di Sigfrido Ranucci, conduttore di Report, ha attirato una folla entusiasta, come giusto tributo al suo coraggioso impegno nel servizio pubblico. Tuttavia, la presenza di Ranucci, come quella di qualsiasi altro volto noto della televisione nazionale, ha catalizzato l’interesse non solo per il merito del suo lavoro, ma anche per la semplice curiosità verso una figura mediatica. Questa reazione riflette una caratteristica delle periferie: la fascinazione per il “vip”, spesso indipendentemente dall’impatto concreto del loro operato.

Se da un lato questo fenomeno può essere compreso, in altri Paesi si osserva una risposta diversa. Laddove il sistema non funziona, la popolazione risponde con proteste o boicottaggi, piuttosto che con l’accoglienza entusiastica riservata ai personaggi noti. In Italia, e in particolare al Sud, prevale spesso una sorta di rassegnazione, che si manifesta nell’acclamazione di volti televisivi piuttosto che nell’espressione di un malcontento consapevole e strutturato.

Tutti sappiamo che la Rai soffre del “manuale Cencelli”, quel sistema per cui le nomine e i ruoli all’interno del servizio pubblico vengono distribuiti secondo logiche politiche. È un meccanismo noto, che avvantaggia la politica e che sembra impossibile da sradicare. L’indignazione dovrebbe crescere, specialmente in questa nostra area jonica dove la Rai, che ne avrebbe il dovere poiché gode di finanziamenti pubblici, non ha mai prodotto inchieste serie su vicende che meritano attenzione. La chiusura del tribunale di Rossano, con tutte le ombre che la circondano, è solo un esempio di ciò che resta ancora oggi senza una risposta adeguata. Non un’inchiesta su relazioni alterate redatte persino da alti magistrati, le famose carte false di cui parlò l’allora senatore Ernico Buemi. Un parlamentare del Nord perorò la nostra causa, pensate un po’!

Fa riflettere il fatto che in Rai lavorino anche giornalisti calabresi e jonici, eppure nessuno sembra avere il coraggio o la possibilità di fare luce su questi temi scottanti. Oggi, i format televisivi sono protetti da coperture politiche; chi ne è escluso non ha possibilità di condurre alcuna trasmissione. E questo sistema continua a funzionare anche grazie a una popolazione che, anziché ribellarsi, si accontenta di chiedere autografi. In un contesto così, non sorprende che la realtà rimanga inalterata e che i problemi continuino a essere ignorati, nascosti sotto il tappeto di un consenso passivo. Ranucci è il meno esposto a questo sistema, poiché è un uomo che cammina con la scorta e si assume le responsabilità. Ma sono convinto che se ci fosse stato Bruno Vespa o altri, l’anfiteatro di Rossano sarebbe stato ugualmente pieno.

Matteo Lauria – Direttore I&C

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