Editoriale. Recrudescenza sociale, noi tutti corresponsabili!

 

Corigliano Rossano – L’agguato di ieri a Rossano, il corpo senza vita rinvenuto al porto di Corigliano nei giorni scorsi, l’atto incendiario alle strutture ricettive di Luigi Sauve a Sibari, impongono una seria riflessione su quanto stia avvenendo nel territorio. Il compito della società civile non è certo quello di rimanere impassibile, né di osservatore silente come è solita fare. Operativamente alla soluzione di tali fenomeni è chiamata la magistratura, insieme alle forze dell’ordine, ma questo non significa che il resto della società debba stare fermo. Intanto il dato di ieri a Rossano di un giovane 27enne ora in fin di vita deve imporre una reazione di coscienza in ognuno di noi, né possiamo liquidare argomenti di siffatta portata con l’alibi che la vittima fosse più o meno in un giro di droga o altro. Al dì là del merito, un dato è certo: lo Stato induce a delinquere perché non c’è lavoro. Altra cosa, opinabile, è chi decide di delinquere per scelta o perché ami il guadagno “facile”. Credo che a nessuno possa piacere uccidere o delinquere nella consapevolezza che il futuro possa essere il carcere a vita. E allora abbiamo bisogno di guardare in faccia la realtà! E’ come se ci fossero due realtà parallele: da un lato i dibattiti, la convegnistica, gli incontri, la discussione sulle candidature, la fusione, etc etc etc … dall’altro quel disagio che si tocca con mano, i problemi della quotidianità, di chi non sa come sopravvivere, di chi è costretto nel migliore dei casi a emigrare all’estero, o ad entrare in organizzazioni malavitose in altri. E’ questa la società che siamo riusciti a costruire? Ragazzi a 27 anni, nel cuore della gioventù, che rischiano di perdere la vita? Non settorializziamo la società, questi eventi costituiscono la sconfitta di tutti noi, delle cittadinanze, della classe dirigente, di chi ha ruoli decisori ma non guarda e non legge la società. Eventi delittuosi dunque, che hanno come responsabilità morale lo Stato, tutti noi. Né ci assolve, almeno nelle nostre coscienze, stare lì alla finestra a osservare, a giudicare, a mugugnare a tavola, sui marciapiedi, dal barbiere o nei salotti ed approcciarci a tali episodi a mo’ di chiacchiericcio.

Occorre dare un segnale forte, non solo per un fatto di legalità, ma a difesa della vita umana. Non c’è frase più subdola o sciocca che sentir dire “si ammazzano tra di loro”. Ma come si può ragionare in questi termini? O forse è un modo per costruirsi il solito alibi per poi trincerarsi nell’omertà? Le cosiddette persone perbene, se tali ci si ritiene, non si abbandonano all’indifferenza, non volgono lo sguardo altrove, non si girano dall’altra parte, ma si fanno sentire mediante la partecipazione diretta e attiva, organizzando manifestazioni civili e democratiche, flash mob, iniziative pubbliche contro uno Stato che anziché investire in un territorio dalle forti potenzialità produttive (creando posti di lavoro e sostenendo le imprese) pensa invece a chiudere i tribunali (con metodi tra l’altro illegali), nella rassegnazione della gran parte di noi tutti cittadini. Il crimine si combatte con il lavoro. E qui entra in gioco la politica, unitamente alle enormi responsabilità della burocrazia che non fa nulla per agevolare gli imprenditori dediti a fare impresa e creare posti di lavoro. Esponiamoci allora, diciamo la nostra con forza, evitiamo di chiuderci a riccio. In questo i social svolgono un ruolo importante, ma al momento solo “parolaio”, perché spesso alle idee non seguono  i fatti. Incalziamo sulla politica, chiediamo programmi seri, incisivi, destinati a sbloccare un territorio ingessato dai soliti pochi, avvitato su un sistema di tipo oligarchico. Ne va di mezzo la vita delle persone, dei ragazzi, dei giovani. Per non parlare del disagio che si vive in altri ambienti familiari per altri fenomeni. Quanti tentati suicidi non vengono a galla? Smettiamola di far finta di non vedere, abbandoniamo questa forma di sottile viltà, e proteggiamo le attuali e future generazioni.

Matteo Lauria – Direttore della testata giornalistica I&C

 

Una risposta

  1. Come sa, quando si lasciano spazi vuoti c’è chi vuole occuparli: capita spesso quando le ‘istituzioni” sono chiuse in loro stesse è il segnale che altri lo prendono come un via libera.

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