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Fiamme nel buio: intrighi e segreti nel misterioso incendio del lido balneare legato al boss Morfò |VIDEO

In fiamme nella notte lo stabilimento balneare riconducibile alla famiglia del noto boss rossanese Salvatore Morfò. Il rogo produce sospetti per il fatto che ha avuto luogo dopo che il 65enne Salvatore Morfò è stato coinvolto nei verbali dal collaboratore di giustizia  Nicola Acri. Sul luogo dell’incendio sono intervenuti i vigili del fuoco del distaccamento di Corigliano Rossano e i carabinieri del reparto territoriale, sotto la supervisione del tenente colonnello Marco Filippi.

 

Le prime indagini inducono all’ipotesi che l’incendio sia stato di origine dolosa. L’edificio in fiamme si trova nel cuore di Lido Sant’Angelo a Rossano, una zona dotata di impianti di videosorveglianza, il cui materiale sarà oggetto di analisi da parte delle autorità. Il pentito Nicola Acri ha riferito che Morfò temeva un attentato mortale nei suoi confronti. Questa paura era legata a una serie di eventi, tra cui le attività di spaccio di droga da parte dell’allora giovane emergente Andrea Sacchetti, sparito nel nulla dal 2000.  Andrea Sacchetti era coinvolto nello spaccio di eroina, ma la preoccupazione principale di Morfò era la sua vicinanza a Giovanni De Luca, considerato un rivale. Questa rivalità era alimentata dal fatto che il figlio di Giovanni De Luca aveva accoltellato Isidoro Morfò, figlio di Salvatore Morfò, mentre quest’ultimo era detenuto in carcere. Secondo il racconto di Acri, Morfò aveva cercato vendetta per questo attacco ordinando l’omicidio di Giovanni De Luca. Nel 2000, De Luca era sopravvissuto a un attentato, ma era rimasto cieco a causa dei colpi di arma da fuoco ricevuti. La vicinanza di Andrea Sacchetti a Giovanni De Luca faceva sì che Morfò temesse ritorsioni da parte di De Luca e lo spingeva a voler eliminare Sacchetti. Acri riferisce che Morfò aveva discusso di questa intenzione in compagnia di Annibale Matalone, il figlio Isidoro Morfò e lui stesso. Avevano cercato supporto da Eduardo Pepe, un capo locale dell’organizzazione criminale ‘ndrangheta a Cassano Jonio, allo scopo di compiere l’omicidio di Sacchetti. Nicola Acri aveva contattato Eduardo Pepe per aiutare a pianificare l’omicidio. Tuttavia, Acri non riteneva necessaria un’azione eclatante e suggeriva che Sacchetti scomparisse invece di essere ucciso. La decisione finale su come procedere era stata discussa con Salvatore Morfò. Alla fine, il corpo smembrato di Andrea Sacchetti era stato sepolto da qualcuno e i dettagli sono stati rivelati solo in seguito. Tuttavia, ancora oggi, al di là delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, non ci sono riscontri oggettivi circa il rinvenimento di quel che è potuto restare del corpo di Sacchetti.

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