Fusione Corigliano-Rossano, la benedizione di Mons. Satriano

Poveri

di MATTEO LAURIA

Un rinvio del Consiglio comunale (a lunedì) determinato dall’arrivo del Capo dello Stato in Calabria. Sulla fusione, il civico consesso si terrà. Aggiungiamo noi: finalmente. Anche se l’esito non è da ritenere scontato. Tuttavia, va rimarcata non solo la determinazione del sindaco Giuseppe Geraci e del presidente del Consiglio Pasquale Magno nell’aver dato una brusca accelerazione alla pratica, ma anche i contenuti da costoro espressi nel corso di una recente intervista alla sede Rai Calabria. In particolare, Geraci ha apprezzato la bontà della proposta, l’opportunità di eventuali finanziamenti e la possibilità di elevarsi a terza città della Calabria. Tutto questo con la benedizione del Vescovo Giuseppe Satriano, e le esternazioni possibiliste del commissario del comune di Rossano Aldo Lombardo. Un passo importante che trasmette fiducia, capacità di ascolto e lungimiranza. Non tanto perché i soggetti richiamati sposano questa progettualità ‒ le paternità lasciano il tempo che trovano ‒ quanto per il fatto che dimostrano voglia di cambiamento, di rinnovamento e, soprattutto, di fiducia nelle nuove generazioni. È una programmazione rivoluzionaria soprattutto sul piano culturale. Se vogliamo, urbanisticamente, le due città sono già fuse. Manca una programmazione comune. Che si può avere con un unico organismo amministrativo: un sindaco, un consiglio comunale, una burocrazia. Le posizioni di dissenso sono comprensibili, legittime e, talvolta, trovano elementi di riscontro nei nostalgici. Ma siamo sicuri che nessuno perde nulla: dalla fusione c’è solo da guadagnare. Per chi pone problemi di salvaguardia identitaria, rassicuriamo che le due città resteranno immutate: stessi usi, stesse abitudini, stessi costumi. L’unico cambiamento riguarderà la fusione delle classi dirigenti impegnate a lavorare insieme e ad avere un’idea comune di sviluppo. Spiace constatare, invece, tra i contrari, la tendenza ad usare contenuti subdoli. La pianificazione del territorio spetta agli eletti. Lo dice la democrazia, non certo noi. Per ora gli eletti sono chiamati a decidere sul referendum, non sulla fusione. C’è chi, arbitrariamente, continua a confondere volutamente le due cose. Se l’atto d’impulso dovesse trovare accoglimento nel civico consesso coriglianese, la pratica sarebbe poi trasmessa alla Regione Calabria dove un apposito organismo valuterà l’iter e, a seguire, procederà alla indizione del referendum. Qualche anno passerà. Nel frattempo, si potrà aprire una campagna di sensibilizzazione pro o contro. Che, però, non può essere confusa con il momento decisorio della futura pianificazione territoriale e urbanistica. A questo saranno chiamati il sindaco e il consiglio comunale espressione dell’elettorato complessivo dei 90mila abitanti. Appare dunque lacunoso l’atteggiamento di chi oggi pretende di decidere, senza titoli elettivi, le sorti dell’area urbana. È una forzatura non richiesta, usata per creare inutili resistenze e sciocche frizioni tra due città che, nel tempo, a parte qualche singolo episodio, si sono sempre rispettate. Ancora più subdolo appare il tentativo di trasmettere alle nuove generazioni l’insidia del campanile. In questo l’irresponsabilità degli “adulti” non ha limiti. Forse l’idea che le future generazioni riescano nell’impresa di superare le vecchie e inutili logiche in cui sono inciampati i predecessori non piace. E allora si tenta di colpire le menti di chi oggi ha ed è chiamato ad avere una visione del mondo diversa dal passato. Alle classi dirigenti, non solo politiche, il compito di mettere in archivio le vecchie convinzioni che hanno portato alla situazione attuale e ad aprirsi alla modernità e all’innovazione.

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