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I tesori nascosti di Ciminata, racconto di Martino A. Rizzo

La statale 106 non è nata ieri e nemmeno l’altro ieri. Nella notte dei tempi era incardinata nell’antico sistema delle comunicazioni terrestri e precisamente nella via jonica, che da Taranto conduceva a Reggio, forse la più antica strada della Calabria in quanto garantiva il collegamento tra le colonie greche della costa. Il suo tracciato grosso modo seguiva l’attuale direttrice della SS 106 jonica e della strada ferrata.

Nella Tabula Peutingeriana, che è la copia del XII-XIII secolo di un’antica carta romana che mostra le vie stradali dell’Impero romano – una specie di Google Maps dell’epoca −, la direttrice ionica è compresa tra le stationes di Thuriis e Petelia (Strongoli). E nell’Itinerarium Antonini, che è un registro delle stazioni e delle distanze tra le località poste sulle diverse strade dell’Impero romano, con l’indicazione dei percorsi per recarsi da un insediamento romano all’altro, sono ricordate le tappe intermedie di Roscianum e Paternum, identificate rispettivamente con i siti di Ciminata a Rossano e Santa Maria a Cariati.

Pertanto Ciminata, nella strategia viaria dell’antichità, assumeva una certa importanza. Lì si trovava lo “statio ad Roscianum”, un luogo di sosta con posto di guardia che si estendeva per ben otto ettari e di cui c’è traccia a partire dal I secolo d.C. al VI sec. d.C. Il sito, riportato dalle fonti itinerarie, era prossimo all’antica strada jonica e consentiva così di immettere facilmente sul mercato i prodotti del posto.

A Ciminata sono stati anche ritrovati i resti di una villa romana costruita nei pressi di una precedente fattoria italica. Il ripostiglio monetale dell’antica residenza nascondeva un tesoretto con 96 monete d’argento di epoca repubblicana tenute dentro una idria, un ampio recipiente che anticamente veniva usato per la conservazione dell’acqua o per raccogliere i voti nelle assemblee o anche come urna cineraria. Ma a Ciminata c’erano i soldi e il recipiente era conservato in un ripostiglio della villa destinato a contenere le cose di valore.

Certamente la villa apparteneva a gente che aveva disponibilità economica. Oltre i soldi c’erano tanti recipienti di terra cotta compreso un dolio, un grande contenitore appunto di terracotta, che è stato recuperato integro, capace di contenere 1.170 litri di vino, come indicato sul bordo dalla scritta Q.XLIV.S.

Insomma se la passavano bene. Anche i mosaici sui pavimenti ne sono un’ulteriore dimostrazione. La villa aveva un cortile centrale su piano inclinato sul quale si affacciavano quattro vani attrezzati per attività produttive in quanto due vani erano dedicati alla spremitura, c’era un torchio e due tinozze collegate a un torcularium, un impianto per la pigiatura dell’uva.

A Ciminata c’era anche una necropoli della fine del VI secolo a.C. dove è stata trovata una tomba a tumulo della prima metà del V sec. a.C.

Insomma, quando si transita per la vecchia provinciale che dalla Stazione di Rossano porta a Corigliano Centro Storico bisogna essere consapevoli che si costeggia la storia, storia millenaria per la quale non saranno mai molte le parole che verranno utilizzate per scacciarla dall’oblio e farla conoscere.

Martino A. Rizzo

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

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