Quando Berenson parlò di Rossano la presentò come «… l’elegante cittadina situata in alto al cospetto del Mar Jonio. È ricca di avanzi bizantini; ma questi non suscitano vero interesse in un dilettante della mia specie, ad eccezione della squisita chiesa di SAN MARCO, che sovrasta tutti gli altri edifizi disposti lungo una ripida salita. Essa mostra quella struttura cruciforme, con cupola a torre, che pur variando nelle proporzioni, s’incontra in tutto il mondo cristiano-ortodosso, da Wladimir e Suzdal, nella Russia settentrionale, al Caucaso, all’Armenia, e che talvolta assume più rustiche versioni, come si vede in quelle di Tarassa, in Catalogna, e in San Donato di Zara».
Non andò ad ammirare il CODEX, definito «il più importante cimelio conservato a Rossano, quello su cui per anni e anni ho invano desiderato di posar gli occhi» in quanto se l’era “guardato e goduto con agio” alla Mostra dei Manoscritti Miniati tenutasi poco tempo prima a Roma fra il 1953 e il ’54.
Come già detto, prese alloggio nell’ALBERGO MONTALTI che lui chiamò locanda con «una stanza spaziosa e comoda ammobigliata» che gli consentì di fare «l’ormai indispensabile siesta, dopo una piacevole colazione tenuta da un allegro ex-marinaio». Su Pino, Berenson precisò che «Questi è stato prigioniero di guerra in Inghilterra, donde è tornato a casa senza portarsi dietro alcun ricordevole risentimento».
Infatti Pinuccio Montalti, durante la seconda guerra mondiale, era imbarcato sull’incrociatore “Bartolomeo Colleoni”. Nel luglio del 1940 questa nave fu bombardata e Pino cadde in mare e si salvò solo in quanto provetto nuotatore. Contribuì anche a salvare il comandante, il capitano di vascello Umberto Novaro, che invece avrebbe voluto affondare con la sua nave. Novaro, gravemente ferito, però morì quattro giorni dopo ad Alessandria d’Egitto e la Royal Navy gli rese i pieni onori militari alla presenza dell’equipaggio superstite, 525 marinai italiani recuperati dagli inglesi e fatti prigionieri. Per 121 invece non ci fu nulla da fare. Purtroppo durante la guerra non si riuscì a salvare il fratello di Pino, Ettore Montalti, anche lui marinaio, che nel 1942 perì con la sua nave “Nuova Scozia” nel canale di Mozambico, nel Mar Rosso. In ricordo della sua brutta esperienza Pino portava sempre al polso l’orologio di quando cadde in mare, anche se non funzionava più.
Berenson approfittò dell’esperienza di Pinuccio per chiedergli una confidenza e cioè se «poteva confermar la voce che ragazze inglesi avevano molto apprezzato la compagnia di prigionieri italiani. Un sorriso pieno di luce poi la risposta: “qualche cosa di vero ci potrebbe essere”. Nulla di più, da gentiluomo e da diplomatico: né noi abbiamo insistito in un’inchiesta provocata, più che altro, dal suo sembrar nato apposta per ispirare simpatia in quanti, femmine e maschi, giovani e vecchi, sanno ammirar come la natura riproduca fedelmente, ora qua e ora là, un tipo eterno di uomo al quale nemmeno una triste penosa condizione può impedire l’esercizio spontaneo del proprio fascino».
Sull’OSPITALITÀ ROSSANESE, Berenson registrò che «gradevolissime erano la famigliarità conviviale fra i vari avventori e l’atmosfera di amicizia verso lo straniero capitato tra loro».
Controverso il giudizio sul PATION che all’epoca era in stato di abbandono e serviva come «alloggio e magazzino al Corpo delle Guardie Forestali. Dell’antico assetto rimane solo la chiesa, con un’abside di architettura del tutto siculo-araba, ornata d losanghe in cotto di due colori: giallo e bruno cioccolata. L’interno piuttosto negletto, ha un pavimento a mosaico in via di completa rovina, che, se fosse in buono stato, meriterebbe ammirazione quanto quello della cattedrale di Otranto». Per notizia: le scatole di tessere per restaurare il mosaico per anni rimasero accatastate in un angolo della chiesa.
Ammaliato comunque dal panorama che poté ammirare dal Patirion, Berensono partì verso altre mete risalendo la penisola e portandosi dentro la poesia delle immagini dei paesaggi calabresi che lo avevano deliziato in questo suo ultimo viaggio nel sud Italia.
In proposito dice Vittorio Cappelli, che ha studiato e scritto a lungo sui viaggiatori arrivati in Calabria: «Per sua fortuna, non erano ancora sospettabili a quel tempo le devastazioni del paesaggio che l’irruzione di un mediocre turismo di massa, in un contesto di urbanizzazione scadente e spesso abusiva, avrebbe provocato in quei luoghi, rendendo impresa davvero eroica il conoscere le atmosfere e le suggestioni “omeriche” di quel paesaggio».
Martino A. Rizzo
I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C
Martino Antonio Rizzo è un grande curioso di storie e avvenimenti rossanesi,
coriglianesi e più in generale calabresi e gli articoli che prepara per Informazione & Comunicazione non sono altro che il risultato delle ricerche utili a soddisfare queste sue curiosità. Frutto di tale attività è stata anche la realizzazione del sito www.AnticaBibliotecaCoriglianoRossano.it che ormai si è meritato un posto di rilevo tra i siti contenenti libri, articoli e fotografie sulla Calabria, tutti liberamente scaricabili.
2 risposte
Interessante l’articolo sulla Rossano del 1955 vista dal critico d’arte Barenson. Anni fa,
parecchi, ebbi modo di conoscere una scrittrice e poetessa polacca Kazimiera Alberti attraverso il racconto del suo compagno di una vita. Aveva scritto un libro sulla Calabria che aveva conosciuta nel suo indomabile pellegrinare. Me ne fece dono e lo lessi con attenzione colpito dall’amore con il quale descriveva Rossano e i suoi incanti. Non ritrovo tra le mie cose quel libro ma leggendo qualche passo di Barenson ho ritrovato lo stile e la descrizione innamorata della unica Rossano. Lucio Raffaele Dicorato
Bravissimi