L’abilità del brigante Palma a non farsi catturare, racconto di Martino A. Rizzo

Corigliano Rossano – Per anni il brigante Palma riuscì a restare uccel di bosco sfuggendo a tutte le perlustrazioni, agli agguati, alla caccia spietata da parte dei militari. Come fu possibile? In merito abbiamo una testimonianza importante che fornisce tanti elementi per ricomporre la risposta da dare al quesito. È quella di Alessandro de Rosis che fu sequestrato da Palma nel maggio del 1868 e rimase per 36 giorni con la comitiva dei briganti, seguendola nel suo girovagare per boschi e montagne della Sila. Alessandro ha lasciato un diario della sua disavventura che rappresenta un documento unico per capire come vivevano i briganti. Elemento importante per entrare nell’argomento è quello di partire dalla composizione della banda che mediamente si aggirava sulle dodici persone, un numero che facilitava molto bene il mimetizzarsi tra gli estesi boschi silani, a differenza dei briganti lucani che si raggruppavano in bande formate anche da cento persone e si muovevano a cavallo come delle compagnie militari. Nella banda di Palma invece non si camminava mai tutti insieme, ma sempre a gruppetti distanziati tra loro: alcuni precedevano andando in perlustrazione, una parte faceva da avanguardia, un’altra restava in mezzo e gli ultimi costituivano la retroguardia. I trasferimenti avvenivano quasi sempre di notte e il giorno veniva utilizzato per riposare al sicuro nei boschi. Negli spostamenti occorreva schivare le vie battute e le distese aperte, preferendo boscaglie e valloni ricchi di roveti e di rami intrecciati che formavano una barriera difficilissima da oltrepassare.

Nel caso di avvistamento di soldati, l’imperativo da osservare ciecamente era quello di nascondersi ed evitare assolutamente gli scontri a fuoco. Il programma dell’itinerario, poi, restava esclusivamente nella testa di Palma e di nessun altro, e veniva svelato ai compagni man mano, comunicando però solo la tappa successiva del percorso che avrebbero fatto. Se erano circondati e tutte le vie di fuga precluse, strisciavano nell’erba come dei
serpenti, in cerca di un rifugio dentro i tronchi degli alberi e tra i rami fitti degli alberi dove non entrava nemmeno la luce.

Rimase famoso l’episodio di Zinga, nel Crotonese, quando Palma, pur ferito alle gambe, riuscì a sfuggire, insieme a quattro compagni, all’accerchiamento di circa 800 uomini armati. Nell’episodio emerse ancora una volta il coraggio e la temerarietà del capobrigante che, sebbene braccato, malconcio e affamato, seppe cogliere il momento giusto per scampare all’assedio. Il Padula racconta anche di quando, il 26 marzo 1865, circa 440 militari lo avevano individuato e circondato nel Bosco Morto presso Mandatoriccio, ma anche in questo
caso gli riuscì di sfuggire e salvarsi. I briganti potevano contare su una conoscenza capillare del territorio e sull’aiuto di contadini, pastori e boscaioli, pronti ad avvisarli del passaggio dei militi. Per non
parlare delle guide che utilizzavano i soldati per muoversi in quei luoghi per loro sconosciuti, guide che spesso erano più brave ad allontanare il pericolo dai loro amici fuorilegge piuttosto che a seguirne le tracce.
La Sila, con i suoi spazi infiniti, restava il loro centro di gravità naturale, dove grazie anche ai fitti boschi potevano contare su un gigantesco labirinto dentro il quale disperdersi. E d’inverno, invece, non mancavano mai i buoni amici pronti ad accoglierli e nasconderli al caldo delle loro case, sapendo che poi sarebbero stati
ricompensati per l’ospitalità con i denari provenienti da sequestri e estorsioni. Per concludere resta famosa una lezione di tattica militare che Palma fece ai suoi uomini. Il brigante disse: “Se vuole regnare lungamente, a due cose specialmente deve badare: a evitare gli scontri, e ove non possa evitarli a tenersi sulle difese. Così
appunto mi san regolato sempre io, e mi son trovato assai bene. Se questi boschi potessero parlare vi direbbero, che tutti quei briganti che andarono in cerca di scontri, non fecero mai lunga campagna. Uno scontro è come una partita allo zicchinetto, o si vince o si perde, colla differenza che in questo si perde denaro ed in
quello la vita. E poi ancorché uno se ne esca vincitore si attacca addosso la vendetta dei superstiti”.

Grande saggezza o scaltrezza da mente fine e scarpe grosse, ogni giudizio è possibile, resta il fatto certo che Palma fu una primula rossa per la quale ci vollero anni, e tantissima terra bruciata intorno, prima di farlo cadere nell’immensa rete che gli era stata costruita intorno per catturarlo.

Martino A. Rizzo

 

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi.

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