Le opere d’arte di Rossano «involate», racconto di Martino A. Rizzo

«involati» è il termine utilizzato dal de Rosis in relazione a due dipinti dell’antica Chiesa di San Bernardino di Rossano che tra il ’700 e l’800 si sono volatilizzati e sono partiti verso altri lidi. Infatti, involare per la Treccani significa «togliere, portar via, rapire o sottrarre furtivamente cose o persone».

Se si studia la storia dell’arte, non si hanno dubbi che la grandissima maggioranza delle opere d’arte presenti in Italia sono di natura religiosa, pagana o cristiana che sia, e provengono da templi e chiese che hanno così contribuito a fare del nostro Paese, sia nelle città che nei piccoli borghi, un grande scrigno che oggi attira visitatori da tutto il mondo. A Rossano, però, città millenaria, importante centro bizantino, principato, sede di distretto, sede arcivescovile, residenza di tante nobili famiglie, le opere antiche di pregio si contano sulle dita. Perché?

Una prima risposta si può ricavare dal “Cenno Storico della Città di Rossano e delle sue nobili famiglie” del 1828 di Luca de Rosis che, quando parla – per esempio – dei dipinti della Chiesa di San Bernardino, racconta di due «involati»: una “Immacolata Concezione” attribuita al pittore Zingaro e un “Gesù Nazzareno” di un certo Pascalotto, dipinti di cui già nel 1828 si erano perse le tracce. Per intenderci opere di Antonio Solano detto lo Zingaro (1465 ca – 1530) oggi si trovano nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano, nel Museo nazionale di Napoli, a San Pietroburgo e in tante altre città italiane. Ma a Rossano non più. Si ha invece difficoltà a individuare con precisione il pittore che de Rosis chiama Pascalotto. Non si sa se volesse riferirsi a Costantino Pasqualotto, detto il Costantini o a Ottino (Ottini), Pasquale, detto Pasqualotto (1580 ca. – 1630) del quale, nella Galleria Borghese di Roma, si conserva una “Resurrezione di Lazzaro” acquistata da Scipione Borghese, uno dei più importanti mecenati e collezionisti del primo seicento, appartenente a quella famiglia che successivamente, grazie alla parentela con gli Aldobrandini, acquisì il titolo di principe di Rossano.

I dipinti involati non sono però solo quelli di San Bernardino. Sempre il de Rosis racconta che nella Chiesa della SS. Trinità di Piazza Steri, poi abbattuta per fare posto alla torre dell’orologio, c’erano «vari dipinti del Giordano rappresentanti i più nobili misteri della nostra redenzione». Attenzione: de Rosis parla di “vari dipinti”, quindi non di uno o due! E in effetti è risaputo che Luca Giordano (1634-1705) in cinquant’anni di carriera eseguì più di mille opere, spesso anche con lo stesso soggetto che si differenziavano soltanto per lievi varianti compositive e stilistiche.

Bernardo De Dominici nel suo libro del 1729, «Vita del Cavalieri D. Luca Giordano, pittore Napoletano» racconta che «… è impossibile tessere il catalogo di tutte le sue opere: così è malagevol cosa il far parola de suoi più cospicui quadri, e tra’ quali molti se ne contano nel nostro Regno; per la qual cosa accennando solo, che nella Città di Cosenza Metropoli della Calabria, nella Chiesa de’ PP. Cappuccini vi è nell’Altar Maggiore il quadro della Santissima Concezione col Padre Eterno, ed una gloria assai bella …». Inoltre anche nell’antico Santuario della Madonna de Jesu di Bocchigliero è custodita una “Deposizione di Cristo” attribuita a Luca Giordano che accomuna la cittadina silana a Venezia, Worcester nel Massachusetts, Vicenza, Bergamo, Riga in Lettonia, Roncone (TN), Bari, tutte località dove si trovano dipinti analoghi.

Gli esempi di Cosenza e Bocchigliero servono a dimostrare come opere di Luca Giordano erano presenti nel cosentino e quindi non deve meravigliare che fossero anche nell’importante Rossano di quel tempo.

Mettendo da parte i dipinti non si può non accennare anche alla involata “Bratteata Aurea di Rossano”, una specie di medaglia costituita da una lamina metallica che in seguito a una serie di battiture veniva ridotta a uno spessore minimo in modo da poter essere impiegata per rivestire oggetti di vario genere.

Il 19 dicembre del 1927 questa Bratteata Aurea di Rossano, risalente al VI-VII secolo, venne scovata a Roma, presso l’antiquario romano Augusto Jandolo, e acquistata dal soprintendente della Sicilia e Calabria Paolo Orsi che la assegnò al Museo Archeologico di Siracusa dove tutt’ora si trova.

Alle stesso modo non si può non parlare delle opere del Patire. Per fortuna alcune oggi sono nel Castello, in chiese coriglianesi e nel Museo Diocesano. Ma dei famosi manoscritti e libri del Patire una sessantina si trovano nella Biblioteca Vaticana e contribuiscono, secondo Pierre Batiffol, ad arricchirla dei “libri più belli”. Altri sono a Grottaferrata e altri ancora presso la Biblioteca Barberini a Roma. La maggior parte però del materiale librario e documentale è andato disperso. Il Fonte Battesimale che era nella chiesa ha addirittura varcato l’oceano e oggi si trova al MET di New York e se attualmente è possibile ammirarlo in loco si deve solo alla magnanimità dell’Associazione RossanoRecupera che ne ha fatto riprodurre una copia che è stata collocata nell’antica Abbazia. E chissà quante altre opere del Patire hanno seguito l’esempio del Fonte Battesimale!

Infine, non bisogna dimenticare, a proposito del Codex, che nel 1889 la rivista “Archivio Storico dell’Arte” denunciò che «…è a nostra cognizione che i canonici del capitolo di Rossano avevano già iniziato le trattative per vendere il famoso codice greco, purpureo, sul quale essi non devono avere altro diritto che quello di tenerlo in consegna…». Un classico caso, che si è ripetuto più volte, in cui gli ecclesiastici confondevano il significato dei concetti di “disponibilità” e di “proprietà privata”. Per fortuna nell’occasione ci fu una netta presa di posizione del Consiglio Comunale che ribadì con fermezza che il “prezioso libro deve considerarsi come monumento e proprietà di tutti i cittadini, come la cattedrale e le opere d’arte che ivi esistono». Da cui derivava «il diritto di tutti i cittadini sulla conservazione in Rossano del Codice antico in parola, e impedire che esca in niun modo dal paese senza il consenso della rappresentanza Comunale».

Insomma, si potrebbe continuare oltre, ma si ritiene che gli esempi portati siano sufficienti a illustrare la problematica della dispersione dei beni artistici rossanesi e quando si visitano paesini della Toscana, dell’Umbria, delle Marche, per fare solo qualche esempio, dove si trovano chiese e musei ricchi di opere d’arte di grande valore, viene la tristezza pensando alle nostre parti dove non si riesce a valorizzare adeguatamente nemmeno quel poco che ancora è rimasto.

I racconti di Martino A. Rizzo ~ eccezionalmente di sabato su I&C

Martino Antonio Rizzo è un grande curioso di storie e avvenimenti rossanesi, coriglianesi e più in generale calabresi e gli articoli che prepara per Informazione & Comunicazione non sono altro che il risultato delle ricerche utili a soddisfare queste sue curiosità. Frutto di tale attività è stata anche la realizzazione del sito AnticaBibliotecaCoriglianoRossano che ormai si è meritato un posto di rilevo tra i siti contenenti libri, articoli e fotografie sulla Calabria, tutti liberamente scaricabili.

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