Le straordinarie grotte di Calamo, racconto di Martino A. Rizzo

Rossano e le grotte sono da secoli intrinsecamente legate. Il Centro Storico con i suoi rioni, San Marco, Sant’Anna, San Giovanni, Pente e altri quartieri, sono costellati da grotte che fin da tempi remoti erano abitate e utilizzate dai monaci che vi vivevano in ascesi. Si racconta che sul finire del VI sec. il monaco Efrem conducesse vita eremitica in una grotta che si trovava a Rossano Centro nei pressi della zona dell’Acqua Molle, dove successivamente è stata edificata la Cattedrale. Tante erano le grotte anche sulle colline intorno la città, da Santa Maria delle Grazie fino a Sant’Onofrio.

Tra queste “pezzi di storia” un’attenzione particolare la meritano le grotte presenti nella “Contrada Calamo Grotte”, dove è ben visibile, e si respira anche, il grande connubio tra natura, uomo e storia. Per il de Rosis nella zona, ai tempi di San Nilo, c’era un bosco e il Colagnati faceva molto apprezzare il sito in quanto con le sue acque rendeva fertili i terreni vicini. Inoltre per la distanza dal mare e dai centri abitati le grotte offrivano anche un’ottima sistemazione per tenersi alla larga dalle incursioni dei saraceni.

Secondo la professoressa Adele Coscarella, che ha studiato approfonditamente gli insediamenti rupestri del Rossanese, le Grotte di Calamo erano destinate a luoghi di culto e a residenze eremitiche di monaci votati alla contemplazione e alle pratiche ascetiche. Nei secoli successivi le Grotte di Calamo sono state utilizzate con diverse finalità: abitazioni, frantoi, ovili, ecc. Facendo un confronto con altre grotte siciliane meglio datate, la Coscarella ritiene che le Grotte di Calamo risalgano al IX-X secolo. Purtroppo però di queste caverne non esistono documenti e quindi si possono avanzare solo delle ipotesi deducibili dal loro stato e dal confronto con le altre grotte di Rossano, nonché con altre analoghe situate nel Meridione d’Italia.

A Calamo, le grotte sono affiancate l’una all’altra e scavate in un lungo e unico sperone roccioso posto a circa 85 metri sul livello del mare. Una serie di gradini ricavati all’esterno nella roccia, a fianco degli ingressi alle grotte, consente di salire alla spianata situata sopra le grotte medesime.

Partendo da Sud, la grotta più interessante è la terza, ricca di più ambienti, nicchie, archi e pilastri che la rendono affascinante anche riflettendo sulle persone che nei secoli se ne sono serviti e sulle tante possibili risposte relative all’utilizzo che la stessa era destinata a garantire loro. La grotta è provvista di un unico ingresso posto allo stesso livello del sentiero di accesso. Vicino all’entrata è presente un’altra apertura, a mo’ di finestra, ricavata su una parete dove è realizzato un grande arco cieco. Entrando, subito a destra, si trova uno scavo di forma rettangolare, forse non completato, dopo il quale c’è un’apertura che consente di entrare in una piccola cella quadrangolare.

Sempre all’interno della grotta, di fronte all’ingresso, si notano resti di antichi manufatti. Dirigendosi dall’ingresso verso le altre grotte comunicanti, sulla sinistra si trova una seconda apertura verso l’esterno, mentre a destra si apre un’altra piccola grotta.

Un secondo grande arco a tutto sesto costituisce l’accesso all’ambiente finale dove si trovano resti di quelle che un tempo furono pareti che creano grandi ambienti delimitati e squadrati (forse vasche), fiancheggiati da cellule completate o non escavate completamente. Questi elementi lasciano supporre che la grotta sia stata progettata e realizzata per un uso ben specifico che, collegando le vasche alle pietre da macina presenti, si ritiene molto probabile fosse un frantoio.

La prima grotta, quella all’estremità, è posta più in alto rispetto al piano di campagna e vi si accede grazie a sei gradini ricavati nella roccia arenaria. La grotta, a forma quasi rettangolare, è costituita da un ambiente unico il cui ingresso è rappresentato da un’apertura a profilo arcuato, il soffitto, ad andamento curvo, è alto m. 2,5 e si raccorda a spigolo con le pareti.

La seconda grotta è anch’essa ad ambiente unico che ha una forma trapezoidale e il soffitto, curato a due falde, si raccorda con le pareti laterali a spigolo vivo. La parete di fondo è percorsa da un taglio che ne interrompe la continuità.

Concludendo, le grotte sono in completo stato di abbandono ma suscitano comunque molto interesse in quanto conservano intatto una forte carica attrattiva legata ai tanti misteri della loro storia millenaria.

 

 

P.S.: L’articolo è stato redatto utilizzando gli studi della prof.ssa Adele Coscarella pubblicati nel suo testo “Insediamenti bizantini in Calabria. Il caso Rossano” Editoriale Bios, Cosenza 1996 e della prof.ssa Marilena de Sanctis in “Medioevo Rossanese. Un modello di urbanistica rupestre”, Due Emme Ed., Cosenza 1999. Le foto presenti nell’articolo e nel sito www.CalamoGrotte.it sono di Carlo Caruso e Paolo De Benedetto. Sul sito inoltre è possibile, grazie alle molte foto, addentrarsi virtualmente in ogni angolo delle grotte.

Martino A. Rizzo

I racconti di Martino A. Rizzo. Ogni mercoledì su I&C

Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a

Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica

sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato

il romanzo Le tentazioni della

politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri

del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito

www.anticabibliotecacoriglianorossano.it.  Nel 2019 ha curato la pubblicazione

dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,

Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,

Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.

Da fotografo dilettante cerca di cogliere

con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio

e le sue foto sono state pubblicate anche nel volume di poesie

su Rossano Se chiudo gli occhi di Grazia Greco.

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