Secondo gli scienziati che si occupano di terremoti, Rossano avrebbe una elevata probabilità, in un futuro vicino o non molto lontano(la data precisa non si può sapere), di avere un terremoto per lo meno pari a quello del 24 aprile del 1836 che distrusse metà delle case del centro storico e provocò 89 vittime tra i civili. Un terremoto compreso tra il 6° e il grado di 6.4°della scala Richter. Un terremoto cioè non particolarmente forte, ma simile a quello che ha distrutto il paese di Amatrice ed altri paesi nel centro Italia in questi giorni. Secondo altri, poi, il tempo entro il quale dovrebbe avvenire questo terremoto è ormai prossimo, perché siamo assai vicini ai 200 anni, periodo che di solito da duemila anni in qua intercorre tra una scossa forte e l’altra. Stando così le cose, quali sono i pericoli effettivi che corre la città? Primo punto: Rossano è priva di un piano di protezione civile degno di questo nome (quello vecchio è ormai scaduto e non prevedeva nessuna norma per la messa in sicurezza degli edifici). Ma cosa dovrebbe prevedere questo piano e cosa, invece, dovrebbero prevedere i piani regolatori della città? Il centro storico di Rossano è a grosso rischio: Con lo stesso terremoto infatti i paesi vecchi del centro Italia si sono ridotti ad un cumulo di macerie, tranne a Norcia in Umbria, dove le case erano state rinforzate con criteri antisismici. Nel 1836 con una scossa di poco superiore al 6° la situazione fu questa. A Rossano, su un totale di 1.538 edifici, 370 (24%) furono distrutti, 392 (26%) furono danneggiati irreparabilmente e gli altri 776 (50%) subirono danni riparabili; l’abitato di Crosia, invece, fu quasi interamente distrutto; a Calopezzati gran parte delle case crollarono. Crolli e gravi danni alle abitazioni riguardarono altre 15 località circa del versante ionico della provincia di Cosenza. I morti furono complessivamente 239, di cui 140 a Crosia e 89 a Rossano, e 592 i feriti. Rossano aveva una popolazione di circa 11000 abitanti, Crosia 570, Scala Coeli circa 2000, Cropalati 1165, Calopezzati 1000, Paludi circa 2000, Corigliano Calabro 9600. A Crosia, Rossano e Calopezzati il terremoto causò frane e profonde spaccature nel suolo; il tratto di costa tra Corigliano Calabro e Calopezzati fu interessato da un maremoto, che spinse l’acqua verso l’interno per circa 40-50 metri, travolgendo molte barche e attrezzature da pesca, nonché distruggendo tutte le baracche dei pescatori. A che cosa si deve questo terremoto? Ad una faglia lunga quasi 100 km che va dalla piana di Sibari fino alla valle del Trionto e che attraversa tutto il territorio in senso Nord-Ovest/sud-est. Quando la placca della Sila sul versante orientale si muove a seguito della spinta che viene dall’Africa contro la Calabria, allora ci sarà l’evento sismico. Attualmente quindi allo stato attuale è ragionevole pensare che il centro storico di Rossano compresi gli edifici pubblici del comune, dei carabinieri, molti palazzi privati e buona parte degli edifici dei privati subirebbe gravi lesioni con morti e lutti. Per lo Scalo il discorso è diverso: le case costruite negli anni settanta e primi anni ottanta certamente subirebbero danni consistenti e non si può escludere che qualcuna di esse crolli. Per le case costruite invece a cemento armato bisogna distinguere: quelle in cui la proporzione tra cemento ferro sabbia e acqua è stata rispettata secondo le norme progettuali avrebbero dei danni minori, crepe nei muri ecc., ma quelle in cui il cemento è poco o il ferro ha già iniziato a dilatarsi potrebbero anche collassare. Per quel che mi risulta le autorizzazioni al funzionamento di queste scuole per quanto riguarda la sicurezza sismica sono provvisorie, cioè gli edifici non sono del tutto sicuri o in tutta la struttura o in qualche parte costruita per prima. Ora senza voler per questo fare allarmismo come si può affrontare questa situazione, che cosa possiamo ragionevolmente fare per diminuire il rischio che incombe sulle nostre teste? La prima cosa da fare è un piano generalizzato di verifica delle strutture. Come si fa? Gli ingegneri sondano i muri degli edifici e stabiliscono la qualità del materiale che si trova alle pareti e sottopongono la casa ad un piccolo terremoto sottoterra e con degli strumenti verificano le onde di ritorno. In questo modo sia gli edifici pubblici che quelli privati possono essere classificati. Una volta fatta questa operazione si decide di intervenire per rinforzare gli edifici più a rischio con placche di acciaio che leghino i soffitti o i solai ai muri portanti e con tiranti che incapsulino la struttura e la rendano più forte e con una gabbia metallica che circonda l’esterno della casa da ricoprire con nuovo intonaco. Questo è il lavoro che è stato fatto a Norcia( dove le case non sono crollate e non c’è stato né un morto né un ferito) e che ora si sta facendo anche all’Aquila dopo il terremoto del 2009. Tutto questo naturalmente dovrebbe procedere con un piano generalizzato di intervento del comune, diciamo un nuovo piano di protezione civile e con norme da inserire nel nuovo piano regolatore di Rossano( il cosiddetto PSA). Un piano del genere se ben fatto cercando opportuni finanziamenti nella UE produrrebbe lavoro per almeno quindici venti anni. Ma i privati, possono per propria iniziativa, nell’attesa che al comune vada qualcuno che abbia a cuore la sorte di Rossano e che proceda come abbiamo detto, dico nel frattempo ogni privato che volesse mettere in sicurezza la propria casa può chiamare un tecnico e fare le operazioni che abbiamo detto prima. Si tenga presente un’altra cosa. Una casa prefabbricata in legno, è sostanzialmente esente da qualunque rischio di terremoto se ha delle buone fondamenta, perché il legno è uno dei migliori materiali che assorbono le onde sismiche.In linea di massima gli edifici di Rossano sia quelli del centro storico, sia quelli dello Scalo se sottoposti a un intervento serio di consolidamento della struttura(es. una gabbia d’acciaio per le pareti esterne nei casi più gravi) sono in grado di resistere al terremoto che dovrebbe colpire nei prossimi anni la nostra città. In ogni caso è l’amministrazione comunale che deve dare impulso a questo tipo di sensibilità e di intervento.
prof. Fabio Menin già pres. WWF Calabria