SANTA PASQUA: MESSAGGIO ARCIVESCOVO SATRIANO

satriano con il papa

«Siamo in cammino da pochi mesi ed il nostro rapporto va
crescendo donandoci la gioia e la consapevolezza dell’essere
insieme. Sono felice di essere con voi e il sentirvi accanto è
una grande opportunità di grazia per la mia vita.
Anche quest’anno, la Pasqua del Signore torna a
provocarci con la sua forza e il suo annunzio di vita nuova,
invitando ciascuno a proiettare con fiducia l’esistenza tra le
braccia del Risorto. Siamo chiamati a vivere il nostro cammino
di adesione a Cristo, personale e comunitario, con ritrovata
speranza e rinnovato slancio.
E’ tutto qui il senso della Pasqua: assumere la forma di
Cristo, lasciarci rivestire dal Risorto della dignità di figli amati
dal Padre per ricollocare l’esistenza in quella reciprocità di
amore con Dio e con i fratelli, che segna la sconfitta del
peccato e della morte, spazio di un egoismo venefico e
mortifero.
S. Agostino, grande padre della Chiesa d’occidente, usa una immagine divenuta a noi cara in
quest’anno pastorale: l’immagine del pane. Rivolgendosi a coloro che si preparavano alla vita
cristiana, affermava che con il Battesimo si è come impastati con l’acqua per prendere la forma del
pane.
E’ bello pensare alla Pasqua come ad un invito ad assumere la forma del pane. Pensiamoci!
Che vorrà mai poter significare questo per noi?
La risposta ci viene offerta nei giorni santi del triduo pasquale, attraverso gli eventi drammatici e
salvifici della vita del Cristo. E’ un itinerario di fede in cui giungiamo a meglio comprendere la nostra
appartenenza a Cristo Gesù e, soprattutto, sperimentiamo la vera gioia della Risurrezione.
Lasciandoci plasmare e impastare dall’amore veniamo, come Gesù, offerti al mondo per essere
segno efficace, tangibile, vero della Sua presenza che da vita alla storia di ogni uomo.
Consegnati all’infinita misericordia di Dio, possiamo approdare, attraverso la morte a noi stessi,
ad una nuova aurora esistenziale che è proprio la vita da risorti a cui siamo chiamati.
Con le parole chiare ed inequivocabili dell’ultima cena:
“prendete e mangiatene tutti questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”,
veniamo invitati ad incarnare un’esistenza redenta, salvata dall’amore, capace di interpretare la vita
come dono e non come possesso, egoismo, esaltazione del proprio io.
Gesù Cristo, pane dell’umanità si fa tutto a tutti e condivide se stesso in comunione con il Padre
per noi, invitando ciascuno di noi a fare lo stesso. La vita risorge e si attesta nuovamente nella bellezza
a cui da sempre è stata chiamata.
Diviene comprensibile perché i due Discepoli tristi, delusi e impauriti, che troviamo a cena con il
forestiero Gesù ad Emmaus, riconoscano il Maestro proprio allo spezzar del pane:
“Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione,
lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero”…
… e immediatamente balzarono in piedi, lasciando la cena a metà per correre verso Gerusalemme ed
annunziare a tutti quanto avevano vissuto.
Un gesto fortemente evocativo quello dello spezzare il pane, un gesto in cui c’è tutta la bellezza e il
fascino di una vita donata. Un gesto in cui c’è la vita stessa di Gesù che i discepoli hanno imparato a
conoscere proprio nello stile del dono, un dono pieno, totale rivestito della Croce. L’invito è penetrare
nella vita credente passando dal segno del pane al segno della vita, dalla fractio panis alla fractio
vitae, dalla liturgia vissuta all’esistenza affrontata.
Sotto l’urto salvifico della Pasqua, con il suo lavacro di rigenerazione e nutriti alla mensa della Parola
e dell’Eucarestia anche noi veniamo invitati a ritrovare il coraggio di essere pane spezzato per la vita
del mondo.
Guardando ai discepoli di Emmaus che seppero riconoscere il Risorto e decidersi per il dono di sé,
anche noi, nutriti dall’Eucarestia sapremo rialzarci dalle nostre mense liturgiche, liberi da noi stessi
per portare al mondo una vita che diventi nutrimento di speranza, di fiducia, di gioia.
In questo tempo abitato a più livelli da contraddizioni, da paure e da tanto dolore, usciamo con fiducia
dal nido della nostra superficialità e pigrizia e proviamo a vivere…
… spezzando e offrendo il pane della speranza, ridando vigore alla solidarietà semplice e sentita,
senza deleghe o fughe, condividendo quello che si ha e non il superfluo;
… spezzando e donando il pane della fiducia, dando credito alla Provvidenza che predilige chi si
apre all’inedito di Dio e assaporando la certezza di una presenza che non delude e sempre si attesta
come compagnia vivificante nel cammino;
… spezzando e condividendo il pane della gioia, rivestendo di bellezza la vita di chi è sopraffatto dai
mali di quel mondo, mediante sguardi ricchi di dolcezza, abbracci colmi di tenerezza e spazi di
stupore.
Solo così le nostre stanche e, troppo spesso, rassegnate esistenze, personali e comunitarie, potranno
contattare la forza della Pasqua vivendo sussulti di gioia e nuovi fremiti di vita».
Mons. Giuseppe Satriano – Arcivescovo Diocesi Rossano-Cariati

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