Trivellazioni Jonio. Basta piangere:abbiamo l’occasione di giocarci il nostro futuro

DI  MARTINA FORCINITI

petrolio-piattaforma-siciliaFondamentale, oggi più che mai, è il bisogno di saltare fuori dal sacco. E adesso abbiamo l’occasione di giocarci il nostro futuro non da pavidi spettatori, ma da attori di valore che si confrontano con se stessi e sanno di dover intonare il canto della rivolta. Basta piangere, se non altro perché la Sibaritide ha sperimentato di sapersi esprimere in una voce sola. In una identità sola. Specialmente nella mobilitazione contro le trivellazioni nello Jonio, la comunità ha già dimostrato che mille anime possono abitare in una sola identità: quella che i mitragliamenti in mare e le voragini senza fondo vuole toglierseli una volta per tutte dai piedi. Votare SÌ per dire NO ai buchi, senza girarci intorno. Senza restare a guardare. Il 17 aprile, giorno in cui attraverso un referendum abrogativo gli italiani saranno chiamati a pronunciarsi sulle trivellazioni a largo delle nostre care coste, con una mobilitazione davvero trasversale a tutte le sensibilità si potrà mutare dal basso l’esito di scelte governative ancora una volta atroci, criminali. Perché le buone intenzioni non sono sufficienti in una terra inquieta, sotto i cui piedi gli uomini rischiano di arrendersi ogni giorno sempre di più. Così, dopo l’approvazione da parte della Cassazione del quesito che introduce il divieto agli impianti di proseguire le trivellazioni entro le 12 miglia dalla costa, i referendari ricorrono alla consulta per altri due quesiti. Perché, come se i guai non fossero già abbastanza, il Governo ha pensato bene di abolire il Piano nazionale di estrazione. Quello che, per intenderci, individua le aree idonee per l’allestimento delle piattaforme escludendo quelle sismiche e di rilevanza ambientale. Risultato? Concessioni senza limiti territoriali e totale assenza di criteri nella scelta delle zone in cui è possibile trivellare. Eccola qui, l’anarchia degli idrocarburi. Con la Calabria pronta a farne le spese, tanto per cambiare. Il 9 marzo, infatti, la Corte Costituzionale non ha ammesso i ricorsi. Ma, perlomeno, la decisione non va ad intaccare il referendum del 17 e gli italiani potranno dire la loro sull’unico quesito ammesso al voto, ovvero quello sulla durata delle concessioni. E allora mettiamolo un bavaglio a questo Governo che si sta dimostrando, ANCHE, anti-ambientalistico. Scongiuriamo un mare effetto “gruviera” riprendendoci il nostro DOVERE a resistere, a sdegnare una realtà rivoluzionata dalle frodi politiche e dalle ruberie. Anche se – ed è comprensibile – si è persa la voglia di sventolare striscioni e dar fiato a fischietti per le troppe indisturbate sconfitte del nostro passato, l’esercizio del diritto è tutto ciò che ci resta. Come scriveva il nostro editore il 28 marzo dello scorso anno a commento dell’unione territoriale di intenti contro le trivellazioni, «dobbiamo ritornare ad emozionarci e ad indignarci rispetto alla realtà. Mettendo da parte, soprattutto noi calabresi, ogni inclinazione al fatalismo. Senza aver paura di esigere e interpretare, ciascuno nel proprio ruolo, quel fondamentale diritto di alternativa. A tutto».

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