Finanziati con fondi del Pnrr, saranno realizzati in aree industriali dismesse a Corigliano-Rossano e Lamezia Terme. Le potenzialità illustrate dal docente universitario che ha fatto parte della commissione regionale di valutazione dei progetti .
Decine di progetti finanziati in tutta Italia, due in Calabria: uno a Corigliano-Rossano, l’altro a Lamezia Terme. Quasi 15 milioni di euro per il primo, 7 milioni per il secondo. I soldi arrivano dal Pnrr nell’ambito della Missione 2 “Rivoluzione verde e transizione ecologica” per produrre in aree industriali dismesse il vettore di energia del futuro. Parliamo di idrogeno e dei nuovi impianti che da qui a pochi anni nasceranno sul territorio per spingere il processo chiamato decarbonizzazione, ossia il passaggio da un’economia basata sui combustibili fossili a una basata sull’energia pulita. Raffaele Agostino è docente del Dipartimento di Fisica dell’Unical e uno dei tre esperti esterni chiamati dalla Regione Calabria a far parte della commissione per la valutazione delle proposte progettuali. Quattro in tutto quelle presentate: oltre a Corigliano-Rossano e Lamezia, altre due sono arrivate da Castrolibero e San Ferdinando. È il decreto dirigenziale 4621 del 30 marzo scorso a dare l’esito della selezione, con l’approvazione solo di due dei quattro progetti che avevano risposto all’avviso pubblico del 5 gennaio, uno targato Enel Produzione e l’altro Teca Gas.
Come verrà prodotto l’idrogeno verde?
«L’idrogeno si estrae dall’acqua, non ci sono giacimenti in natura di questo gas. Per farlo c’è bisogno di energia, che può essere sia energia proveniente da fonti tradizionali – ma non ha molto senso – sia da rinnovabili come eolico e fotovoltaico. Il problema è che vento e sole non ci sono a comando, hanno una variabilità non controllabile. Così si risolve quindi un problema: si prende l’energia da queste fonti rinnovabili quando risulta in eccesso e si conserva sotto forma di idrogeno per utilizzarla in un secondo tempo. Invece di conservarla in batterie, visti i costi dovuti alla grande quantità di energia da conservare, la migliore cosa è produrre idrogeno: viene conservato per tutto il tempo che si vuole e utilizzato quando serve».
È giusto dire che è un processo a impatto zero?
«Il grande vantaggio è proprio questo: non c’è produzione di anidride carbonica. Si estrae l’idrogeno dall’acqua attraverso energie rinnovabili, utilizzarlo significa poi ricombinarlo con l’ossigeno dell’aria e produrre di nuovo acqua: partiamo dall’acqua e all’acqua torniamo».
Come si conserva?
«Lo stoccaggio avviene in contenitori in pressione, simili alle comuni bombole del gas. Oppure viene trasportato attraverso degli idrogenodotti, metanodotti per idrogeno, nel luogo di utilizzo».
Le applicazioni quali sono?
«Sono molto diversificate. Può essere utilizzato nelle automobili per fornire energia ai motori elettrici: invece di avere un pacco batterie si ha un serbatoio di idrogeno e una cella a combustibile che grazie ad esso produce energia elettrica. Un altro utilizzo è quello di miscelarlo col metano per alimentare le caldaie di casa riducendo la quantità di CO2 immessa in atmosfera e allo stesso tempo ottimizzando la vita delle caldaie stesse, che durano di più. Può essere usato anche nei motori a combustione interna alimentate a gas, per avere veicoli che bruciano idrogeno. Un altro sbocco è l’industria orafa, dove le fiamme a metano utilizzate per le lavorazioni possono essere sostituite da quelle a idrogeno che sono molto più pulite».
Al di là di questi due progetti, in Calabria come si sta lavorando in tema di idrogeno?
«In Italia c’è una serie di iniziative incardinata sul Pnrr, che interessa diversi livelli: dalla ricerca all’installazione di nuove infrastrutture. In Calabria in questi giorni non c’è stato solo il bando sulle hydrogen valleys, in parallelo c’è stato un altro bando per la realizzazione di aree di servizio per auto a idrogeno: a Lamezia ce ne sarà una, vicino allo svincolo autostradale. Il lavoro che si sta facendo è abbastanza importante e il dialogo con la Regione è appena iniziato perché dovrà anche dotarsi del Piano energetico regionale in cui ci sarà una parte dedicata all’idrogeno».
Sul versante della ricerca invece cosa si sta facendo?
«L’Unical ha avuto due progetti sull’idrogeno approvati dal Ministero dell’Ambiente. Di uno sono il responsabile nazionale: lavoro con il Politecnico di Torino, il Politecnico di Bari, l’Università di Bologna e con il CSM-RINA, una controllata di RINA SpA – Registro italiano navale, che ha una sede a Lamezia per lo sviluppo di materiali per l’energia».
Torniamo ai progetti approvati: quali prospettive di sviluppo si aprono?
«Intanto verranno rivitalizzate aree industriali dismesse perché l’investimento prevedeva proprio questo: a Rossano quella dell’ex centrale Enel, a Lamezia l’ex Sir. Qui verranno realizzati impianti fotovoltaici asserviti alla produzione di idrogeno che verrà poi fornito alle imprese del territorio creando un circolo virtuoso».
Dobbiamo aspettarci tempi di realizzazione biblici?
«Da progetto sono tre anni, un tempo abbastanza congruo. Le difficoltà stanno nel fatto che essendo un’industria nascente gli apparati necessari non sono disponibili immediatamente, bisogna ordinarli e aspettare che vengano prodotti e siano installati. Anche se imprese importanti come Enel hanno dotazioni interne che permettono di far fronte a tutte le esigenze per la realizzazione di questi nuovi impianti».
Un impianto del genere quali figure lavorative richiede?
«Tecnici specializzati in impianti di gestione del gas, per la sicurezza, tecnici elettronici ed elettrici e poi c’è tutta la parte relativa all’ingegneria degli impianti oil&gas, ingegneria energetica, meccanica e infine il largo settore che interessa la chimica, la fisica e la scienza dei materiali»
di Mariassunta Veneziano fonte LACNEWS24