In Calabria, dove interi centri storici cadono a pezzi e i borghi si svuotano giorno dopo giorno, c’è chi prova a immaginare un futuro diverso. Più concreto, meno ipocrita. Parlando con imprenditori locali, operatori turistici, albergatori e giovani che tentano di restare, emerge una proposta tanto semplice quanto coraggiosa: perché non insediare casinò, locali regolamentati, attività ricettive per adulti nei borghi storici, insieme a ristoranti, enoteche, boutique e servizi turistici? Un’idea che in molti Paesi d’Europa è già realtà. Un tabù, invece, qui da noi. In Italia, la legge vieta l’apertura di nuovi casinò (quattro quelli autorizzati a livello nazionale), mentre la prostituzione è tollerata solo se esercitata individualmente. Di fatto, però, la situazione è fuori controllo. Lungo la statale 106, decine di donne vivono in condizioni disumane. Intanto, l’azzardo cresce online, nei bar, nei punti scommessa, alimentando la piaga della ludopatia. Nessuna vera regolamentazione, nessuna tutela. Solo moralismi e ipocrisie. «Abbiamo palazzi storici, immobili pubblici chiusi da decenni. Perché non pensare a casinò o a locali eleganti, che attirino turismo internazionale e generino lavoro?» — afferma un commerciante di Corigliano Rossano.
I modelli europei esistono. E funzionano
Germania, Paesi Bassi, Austria, Svizzera, Spagna: qui la prostituzione è regolamentata. Chi lavora lo fa in sicurezza, in ambienti controllati, pagando le tasse. Il gioco d’azzardo è gestito con rigore, con licenze, limiti, forme di autoesclusione. I casinò sono parte dell’offerta turistica, integrati in contesti storici e urbani. C’è trasparenza, c’è economia, c’è rispetto. «Noi invece facciamo finta di niente. Fingiamo che non esista nulla, e poi ci scandalizziamo se qualcuno propone di fare le cose alla luce del sole». — commenta il gestore di una struttura turistica.
Idee fuori moda? No, fuori dal silenzio
Immaginare un casinò in un palazzo nobiliare restaurato. Un privé elegante in un palazzo gentilizio recuperato. Un centro benessere per adulti, con controlli sanitari e norme precise. A fianco: ristoranti, botteghe artigiane, gallerie, camere in affitto. Un sistema. Una visione. Un progetto. Non si tratta di “americanate”, ma di proposte per valorizzare territori che oggi muoiono nel disinteresse generale. I borghi calabresi hanno bisogno di vita, di investimenti, di scelte nuove. E ogni giorno che passa, perdiamo un pezzo di futuro.
Regole, controlli, dignità
Chi lavora in questi settori, se lasciato nell’irregolarità, resta esposto allo sfruttamento. Legalizzare significa controllare. Significa garantire sicurezza. Significa far emergere l’economia sommersa. Significa creare occupazione, attrarre investimenti, riportare gente nei centri storici. «Abbiamo provato a proporre un locale con ristorante, piano bar e intrattenimento per adulti, ma ci hanno trattati come delinquenti. Intanto però tutti tacciono su quello che avviene ogni notte a due passi dalla città». — racconta un imprenditore della fascia ionica.
La conclusione viene da sola
Non si chiede una rivoluzione. Si chiede coerenza. Guardare a ciò che già accade. Smetterla di voltarsi dall’altra parte. E offrire alle comunità calabresi la possibilità di rinascere, anche attraverso scelte che oggi fanno discutere, ma che domani potrebbero portare vita, lavoro e dignità. E davanti a tutto questo, davanti a borghi spopolati e silenzi istituzionali, davanti alla realtà che si continua a ignorare, viene spontaneo chiedersi: come dargli torto?
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