Carcere Rossano. Detenuti in rivolta occupano una sezione

jihadista

Scene di ordinaria follia nel carcere di Rossano, nuovamente teatro di violenze. Oggi, un gruppo di detenuti, tutti assegnati nell’istituto rossanese, in quanto resisi protagonisti di rivolte in altri istituti, si sono impossessati della sezione ove erano ubicati.

carcere rossano
La Casa di Reclusione di Rossano

Hanno prima tentato di aggredire il vice comandante del reparto e, successivamente, hanno preso possesso della sezione.
Solo grazie alla professionalità del personale in servizio – affermano Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del SAPPe e Damiano Bellucci, segretario nazionale – è stato scongiurato il peggio, poiché gli agenti sono riusciti a riportare i detenuti nelle rispettive camere detentive, ripristinando la sicurezza all’interno della sezione detentiva.
Purtroppo, nel carcere di Rossano, negli ultimi tre mesi, sono stati destinati numerosi detenuti che negli istituti di provenienza pare si siano resi promotori di eventi simili. Si tratta di soggetti di difficile gestione. Infatti, negli ultimi mesi, più volte sono stati posti in essere atti di violenza contro il personale di polizia penitenziaria che, tra l’ altro, è in numero molto ridotto. Quotidianamente, in servizio, ci sono circa 57 unità, a fronte delle 153 previste con apposito decreto ministeriale.
Altro grave problema del carcere Rossanese è dato dalla presenza dei detenuti affetti da problemi psichiatrici, molti dei quali considerati abbastanza gravi, nonostante non sia presente un’ articolazione territoriale di salute mentale per la gestione degli stessi. Tra l’altro, ci riferiscono che nello stesso istituto lo psichiatra fa due accessi a settimana, assolutamente insufficienti per seguire i detenuti che ne avrebbero bisogno.
Tale problema sussiste ormai dalla chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari, allorquando tutto il disagio si è riversato nelle carceri, compresi, a volte, anche i soggetti prosciolti per incapacità di intendere e di volere che, se in custodia cautelare, continuano a permanere in carcere, com’è avvenuto a Rebibbia di recente, fatto per il quale la CEDU ha condannato l’Italia, se liberi, invece , restano sul territorio, perché nelle REMS, spesso, non c’è posto. Su questo problema è intervenuta anche la Corte costituzionale, a gennaio di quest’anno, evidenziando che la riforma fatta a suo tempo andrebbe riscritta, poiché il coordinamento delle REMS deve restare in capo al mistero della Giustizia. Inoltre, la Corte ha evidenziato come queste persone non ricevano cure adeguate e non garantiscano condizioni di sicurezza per loro, per gli altri reclusi e per il personale. Neanche l’Amministrazione penitenziaria è stata capace, in questi anni, di organizzarsi, attraverso adeguate articolazioni di salute mentale.

comunicato stampa

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