Che Gemma di libro! Sogno e alienazione ne Le notti bianche di Dostoevskij, temi più che mai attuali

«UN INTERO ISTANTE DI BEATITUDINE»

«Era una notte incantevole, una di quelle notti che ci sono solo se si è giovani, caro lettore. Il cielo era così stellato, sfavillante, tanto che, dopo averlo contemplato, ci si domandava come, sotto un cielo così, potessero esistere uomini cattivi».

Probabilmente avrete riconosciuto l’incipit de “Le notti bianche” (1848) di Fëdor Dostoevskij, il racconto lungo attraverso il quale solitamente ci si approccia a questo mostro sacro della Letteratura. Rilanciato da Booktok e Bookstagram, i social lo fanno, questo classico è stato uno dei più ristampati e venduti del 2024 e il maestro russo è divenuto un idolo tra i giovani. (di “Fyodor fever” parla il Guardian). Ma sull’attualità del libro tonerò alla fine…

Dostoevskij ha ventisette anni quando lo pubblica, non è ancora quello degli inarrivabili “Delitto e castigo” (1866), “L’idiota” (1869) o “I fratelli Karamazov” (1880), allo spartiacque della sua esistenza giungerà di lì a poco. Nel 1949, infatti, viene arrestato, a causa di presunti legami con intellettuali socialisti, e condannato a morte; davanti al plotone d’esecuzione, la sentenza è commutata in condanna ai lavori forzati in Siberia; trascorre quattro anni in un campo di prigionia di Omsk e poi due servendo nell’esercito nella città di Semipalatinsk. Tutte esperienze traumatiche, che si incistano su una personalità già segnata dall’epilessia e dalla ludopatia.

Sogno, alienazione, analisi psicologica dei turbamenti interiori sono, tuttavia, già temi presenti ne “Le notti bianche”, titolo che rimanda a quel periodo dell’anno in cui nella Russia del nord, e quindi anche a San Pietroburgo, il sole tramonta dopo le 22.

Bloccato tra l’attesa della vita e la paura stessa di vivere, sullo sfondo della lirica e fantasmagorica città attraversata dalla Neva, il narratore, poco più che ventenne, senza nome e senza amici, si definisce un “sognatore cronico” e passeggia in preda all’insonnia. Una notte la sua immaturità sentimentale viene finalmente messa alla prova da un incontro, quello con Nasten’ka, una ragazza che piange sul lungofiume e ha una storia da raccontargli. Le si avvicina perché un uomo sta per importunarla e instaurano da subito un dialogo intimo: il protagonista confessa di essere timido e non abituato a trattare con le donne, la ragazza che ha bisogno di confidarsi a condizione che non si innamori di lei. Si danno appuntamento per la notte seguente.

Nasten’ka, orfana di genitori, ha diciassette anni e passa tutto il proprio tempo con la vecchia nonna cieca e tirannica (che, come in una favola, la lega a sé con degli spilli per non farla fuggire). Si è promessa a un inquilino di bell’aspetto, che parte per Mosca con la speranza di riscattarsi dalla povertà e le promette di sposarla al ritorno. Ma un anno è già passato e la ragazza, non avendo ricevuto sue notizie, ha scritto una lettera, che il sognatore accetta di recapitare.

La notte successiva la ragazza sa che il sognatore ha consegnato la missiva e crede che il suo amato si presenterà all’appuntamento. Ma l’uomo non arriva e il sognatore cerca di farla ragionare, adduce scuse e assicura di informarsi. Nasten’ka si rende conto di quanto sia buono con lei.

Il sognatore, trascorsa invano un’altra notte di pioggia, suppone che ormai i due amanti si siano riuniti. Ma trova Nasten’ka ancora sola e disperata. Non riesce più a trattenersi e le confessa il suo amore. Guarito il suo cuore, lei è certa di potersi innamorare di lui. Fanno progetti per il futuro mentre camminano mano nella mano. All’improvviso, però, Nasten’ka si blocca…

“Prof., non spoileri!”. Ok, vi abbandono qui, nel mezzo della quarta notte e prima dei ringraziamenti dell’ultimo mattino (e dei successivi quindici anni).

Dovrete ultimare, condividere e commentare la lettura de “Le notti bianche”. Consiglio inoltre di guardare il lungometraggio di Luchino Visconti del 1957 (Mario è interpretato da M. Mastroianni). Lasciarvi ipnotizzare da una trasposizione moderna che è il graphic novel di Andrea Laprovitera e Carlo Rispoli (Edizioni NPE, 2021). E ascoltare l’omonima canzone di Murubutu (feat. Claver Gold) o le playlist di Spotify dedicate (con Tchaikovsky e Shostakovich super inflazionati).

Ad appassionare la Gen Z, in cerca di legami profondi e autentici, di emozioni reali in un’epoca di ghosting e lovebombing, potrebbe essere il dramma amoroso, ma soprattutto quell’uomo che romanticizza una relazione non corrisposta e con il quale è immediato identificarsi (relatable è l’aggettivo più usato nelle recensioni adolescenziali). Tra alienazione ed evitamento, illusioni e rinunce, amori immaginati e oppressori adulti, c’è tanta brace ad alimentare la cosiddetta «main character syndrome», tendenza che, su TikTok, svela utenti immedesimarsi nei personaggi dei libri.

Perseveriamo a tentare di scalfire gli schermi se e quando questi diventano muri che ci separano dai e tra ragazzi. La realtà, gli adulti dovremmo averlo capito, supera i capolavori cinematografici e letterari (“Adolescence” e Dostoevskij). E pretende risposte, i dilemmi li immortale su fotogrammi e pagine indelebili.

«Dove sono i miei sogni?».

«Che cosa ho fatto dei miei anni? Dove ho sepolto il mio tempo migliore? Ho vissuto o no?».

Gemma

N.B.: Esprimersi su un indagatore dell’animo umano come Dostoevskij non è semplice, me lo ha chiesto una persona a cui non volevo e potevo dire di no, ha organizzato un incontro con i ragazzi su questo libro nella biblioteca per ragazzi cittadina e di questo sono stata particolarmente felice. Spero davvero di averle fornito gli spunti a cui anelava e di aver contribuito alla divulgazione della letteratura russa che sta attuando tra i giovanissimi.

Gemma Guido LIBRO

Che Gemma di libro! ~ ogni domenica su I&C

Gemma Acri Guido è nata a Cariati e cresciuta a Rossano. Ha poi cambiato casa e paese più volte di quelle in cui si è lasciata tagliare i capelli.
Dopo qualche anno nelle scuole del Cuneese, ora insegna Lettere al Liceo artistico di Ciampino. In precedenza è stata corrispondente de “Il Quotidiano della Calabria”, editor e correttrice di bozze. Le piace mangiare (anche se non si direbbe!), andare al cinema, viaggiare e camminare. Crede che i suoi genitori l’abbiano ormai perdonata per aver trasformato la loro casa in una biblioteca. E che l’ironia, i cani e la poesia salveranno il mondo. Oltre alla lettura, naturalmente!

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