La Pasqua è un momento di gioia e rinascita, un periodo in cui le famiglie si riuniscono per celebrare la tradizione e assaporare i sapori tipici di questa festività. Tra i dolci protagonisti della tavola pasquale, la cuddura occupa un posto speciale. Simbolo di prosperità e di nuova vita, questa delizia affonda le sue radici nella cultura popolare pugliese e, in particolare, nella maestria del Panificio Levante, che dal 1930 custodisce e tramanda l’antica ricetta di generazione in generazione. È proprio per questa giornata che si rinnovano ogni anno le tradizioni più belle, quelle più sentite. E se i riti religiosi cadenzano la Settimana in base ai simboli di ogni singolo giorno, anche le tradizioni culinarie sono elementi distintivi per vivere intensamente il periodo della Resurrezione. In Calabria sono tanti i prodotti da forno che vengono preparati nelle case delle famiglie. Tra questi, si distingue la cuddura pasquale, che in versioni più o meno simili si caratterizza in ogni zona della regione. A Corigliano-Rossano è un prodotto tipico molto forte, soprattutto nel centro storico rossanese, dove di generazione in generazione si tramanda la preparazione ma anche la simbologia associata alle varie tipologie del prodotto. Il Forno Levante è un antico panificio che dal 1930 sforna pane e prelibatezze dai suoi locali siti proprio accanto alla Panaghia, l’oratorio bizantino dell’XI sec. dedicato al culto della Madonna “Tuttasanta”. È in questo angolo dell’antico centro abitato che si conserva fedelmente la ricetta tramandata dall’Ottocento che veniva seguita in ogni casa dei nonni, dei bisnonni, i cui profumi e sapori, ancora oggi, come una moderna Madelaine, riportano ai ricordi del passato, a quelli dell’infanzia, che ci si illude di rivivere attraverso il gusto di questi pezzi di cibo che attraversano il tempo e le stagioni. Il nome “cuddura” deriva probabilmente dal greco kullura che vuol dire “corona”. Preparate con ingredienti semplici, su ognuna di esse si incastonano delle uova (sempre di numero dispari in segno di buon augurio) come simbolo di abbondanza, fertilità e prosperità. La grandezza e il numero delle uova è stabilito per ogni membro della famiglia: per i nonni sono previste le ghirlande più grandi con almeno cinque uova (più uova si aggiungono, più si rende onore alla persona che riceve la cuddura), il papà ne ha tre, due la mamma e al bimbo spetta il formato piccolo con un uovo, generalmente chiamato pupuliddo.
Il panettiere Giovanni Levante, fratello maggiore della terza generazione Levante, con mani esperte, stende sullo spianatoio i panetti lasciati a lievitare per 8 ore in un ambiente caldo e umido, intreccia velocemente le due parti allungate della pasta e subito chiude le estremità in un cerchio perfetto, che trasmette gusto e amore ancor prima di essere cotto. L’impasto è fatto solo con farina di grano 0 rigorosamente calabrese proveniente dalle montagne del Pollino, lievito madre preziosissimo, olio extravergine d’oliva e un pugno di anice, quello che arriva dall’altopiano della Sila. Solo questi ingredienti sono in grado di produrre un prodotto che sa di festa e prosperità, insieme a un piccolo ricamo a mo’ di fiore che viene aggiunto alla fine e alle uova che, posizionate da crude distanziate tra loro sulla treccia, si cuociono in forno direttamente. Il Giovedì santo è dedicato esclusivamente alla produzione delle cuddure di dimensione extralarge: sono le Pigne, che saranno portate in chiesa per la celebrazione della Lavanda dei piedi e consegnate alla fine della liturgia a tutti i 12 apostoli. Ogni parrocchia richiede le sue cuddure, soprattutto la Cattedrale Maria Santissima Achiropita, che da quasi cento anni riceve il suo prodotto pasquale dal vicino forno Levante. «Una volta, fino a quasi trent’anni fa» racconta Giovanni Levante «il forno era messo a disposizione delle famiglie del quartiere che preparavano l’impasto a casa, ognuna nelle proprie cucine, e lo portavano al forno per essere infornato nei grandi forni a legna del panificio. Mi ricordo le tante persone, soprattutto donne, che sin dalle prime luci dell’alba, si presentavano davanti all’ingresso e, con le loro maille, portavano gli impasti coperti dalle loro lenzuola e aspettavano nella piazzetta il loro turno. Era un momento di condivisione e di festa, a me che ero bambino aspettavo di ricevere qualche piccolo dono, una monetina o qualche dolciume. «Se altre feste come il Natale sono diventate più consumistiche, devo riconoscere che la Pasqua mantiene il suo fascino e la sua tradizione» afferma Paolo Levante, fratello minore di Giovanni. «Forse la vicinanza con la Cattedrale ci fa vivere tutte le funzioni religiose della Settimana Santa con intensità e fede, e tutte le famiglie sono legate a queste tradizioni. Anche ai genitori giovani, che trasmettono ai bambini, regalando questi prodotti anziché fare le solite uova di Pasqua!» conclude. E allora che Pasqua sia un rinnovo della nostra storia e delle nostre tradizioni.