Come tutte le mattine, all’incirca alle 7 mi recavo alla edicola dei giornali per acquistare il quotidiano, assieme a quelle pubblicazioni, o libri che ora sono anche lì in vendita e essendoci delle persone ad attendere il loro turno, mi sono disciplinatamente messo in coda, attendendo il mio turno e osservando chi mi precedeva, per ingannare il tempo.
La mia attenzione è stata rapita dalla persona immediatamente avanti a me, una persona visibilmente anziana, che si appoggiava ad un bastone, vestito con abiti di buona fattura, ma irrimediabilmente lisi e consumati, segno di un passato florido e di un presente, ahimè, decaduto.
Il collo della camicia, rigorosamente bianca, lanciava lo stesso messaggio, mentre l’atteggiamento posturale e il tremore caratteristico delle mani, mi avevano indotto a comprendere che il Signore avanti a me, soffrisse del Morbo di Parkinson.
Mentre ero rapito da queste considerazioni, improvvisamente sentii urlare.
La persona che precedeva il mio “Paziente anziano” e che gli dava le spalle, improvvisamente voltatosi, redarguiva violentemente l’Anziano, perché, a suo dire, si era troppo avvicinato a lui, non rispettando la distanza di sicurezza e prima che potessi intervenire a difesa del mio quasi coetaneo, l’altro era già andato via imprecando e si era dileguato.
Non mi è rimasto altro che soccorrere moralmente la persona anziana, rimasta frastornata e interdetta dalla violenza verbale dell’aggressore e che cercava di giustificarsi mortificata, spiegandoLe che evidentemente il soggetto che lo precedeva aveva certamente, nella migliore delle ipotesi problemi psichici evidenti, oppure soffriva di semplice e acuta maleducazione.
Questo episodio, purtroppo comune e di comune e frequente arroganza, mi ha messo di cattivo umore, ma mi ha indotto a riflettere sul momento storico che stiamo vivendo, e soprattutto su un termine che sta diventando di uso comune e diffuso in questo momento :”Distanziamento sociale”, termine apparentemente anonimo e piuttosto sgradevole, nella sua freddezza burocratica, che tradotto in linguaggio volgare, significa, più o meno, che a causa della pandemia da Coronavirus, dobbiamo prendere delle precauzioni nei nostri rapporti umani, cosa che stiamo già faticosamente facendo, come non stringerci più la mano in segno di saluto, abolire assolutamente gli abbracci e oltre, e rispettare le distanze di sicurezza, come siamo abituati a fare quando siamo in auto.
Sono precauzioni, per carità necessarie, non discuto, ma che a me e credo a molti altri costano molto e essendo assolutamente innaturali e del tutto non spontanee, necessitano di una sforzo di attenzione e volontà per metterle in atto.
Spero che siano assolutamente temporanee e che cessino il prima possibile, con il finire della emergenza, ritrovando tutti noi il piacere e la consuetudine di stringerci la mano, di abbracciarci, di baciarci, di camminare l’uno vicino all’altro, di dialogare non dovendo urlare per fasci sentire, a distanza dal nostro interlocutore, di riprendere le frequentazioni abituali con i nostri amici, di riscoprire il piacere sottile e sublime dei rapporti umani, della fiducia, della gentilezza, della vicinanza, non solo fisica, ma soprattutto umana e morale, della solidarietà, del piacere di renderci utili, gratuitamente e spontaneamente, piacere indescrivibile, che solo conosce chi lo ha provato almeno una volta nella vita, il piacere di un gesto di affetto, dato e ricevuto, di una silenziosa carezza, che non chiede nulla in cambio, appagata già dalla felicità nel darla.
Tutto questo per me significherebbe il ritornare ad una vita “normale” con la gioia nel cuore di aver superato un momento molto difficile per la nostra Umanità, che ci è costato tantissime vittime e dolori profondi, indimenticabili, ma che è stato superato e risolto con la nostra volontà, il nostro impegno e la nostra fiducia nel futuro.
Perché, se invece questo cosiddetto “distanziamento sociale”, dovesse continuare, dovesse stabilizzarsi, dovesse permanere, dopo la fine della epidemia, come un comportamento ormai acquisito e consolidato e dovesse far parte definitivamente del nostro stile di vita, del nostro modo di rapportarci con gli altri, se dovesse diventare definitivamente il nostro stile di vita, allora dovrei pensare che l’Umanità ha decretato, senza rendersene conto, la propria fine, non fisica, ma in modo ancora più grave e definitivo, morale.
Allora significherebbe che il Coronavirus oltre ad aver sottratto la vita a tanti esseri umani, avrebbe sottratto ai sopravvissuti qualcosa di ancora più prezioso e insostituibile, la loro Umanità.
Allora il “Distanziamento sociale” si sarebbe tramutato tragicamente in “Distanziamento morale”