Editoriale. Hot Spot contro la vocazione turistica del territorio

Tante voci fanno un coro… No agli Hot Spot nel porto di Corigliano. Si è ripresentato il rischio dell’allestimento di un vasto hot spot nel porto della nostra città. Già l’anno scorso, quando l’ex ministro degli interni Minniti pensò alla creazione di questi centri di Identificazione in tre porti della Calabria, ci opponemmo in tanti. Io stessa scrissi una lettera aperta all’ex sindaco della città con la speranza che il progetto venisse fermato.

È dei nostri giorni, invece, la notizia che nel nostro comune sia intenda  procedere con quel proposito e dare vita al centro hot spot che, secondo i dettami dell’Unione Europea servirebbero soltanto alla ospitalità temporanea degli immigrati per poi passare nei CIE, centri di identificazione ed espulsione, che in Calabria sono presenti in numero molto ridotto.

Ora, visto i tempi in cui è ancora più sentita la necessità di porre regole e redigere nuovi trattati con l’Europa, ci stiamo chiedendo se non è più che giusto non dare vita al progetto e di affrontare l’emergenza secondo i dettami del nuovo governo.

Salvini, l’attuale ministro degli interni, unitamente a quello delle infrastrutture, e seguendo il programma elettorale del centro destra unito presentato agli elettori nelle ultime elezioni politiche del 4 marzo, è arrivato alla decisione di chiudere i porti italiani agli sbarchi che ripetutamente e per diversi anni ormai, stanno inondando la nostra Italia.

Alla luce di quanto sopra, la creazione del centro Hot Spot dovrebbe seguire la linea governativa ed interrompere qualsiasi  azione posta in essere a tal fine.

Noi crediamo in una terra di sviluppo e il porto rappresenta un punto forte del turismo, e siamo anche stanchi dei continui cattivi propositi degli enti che gravitano attorno alla area portuale che propongono il nostro porto come discarica di rifiuti  ( vedi intenzione regionale di ben due legislature…) o come deposito di materiale nocivo alle acque o, come adesso, di creare un qualcosa che non darebbe sicuramente lustro all’ambiente .

Ché  poi, parlando proprio dei centri CIE, sappiamo bene quanto sarebbero anche poco funzionali per gli ospiti stessi che sarebbero costretti a “stagionare” nei centri più  del dovuto e che ,invece di venir solo censiti al momento dello sbarco, potrebbero rimanere fino a quando si svolgano tutte le azioni necessarie all’accoglienza e al censimento. Censimento che è  davvero molto difficile da attuare in quanto molti degli immigrati che si imbarcano sulle navi delle Ong non portano con sé neanche i documenti di riconoscimento; e quindi, per poter convogliare gli ospiti dall’hot spot al CIE passerebbero mesi e mesi nell’attesa che questi ultimi si liberino.

Allora, qui non si tratta di essere razzisti e di volere che esseri umani vengano respinti nella loro terra d’origine perché a noi piace stare tranquilli; qui c’è il rischio serio di continuare ad accettare un’invasione senza precedenti, non ci siamo mai tirati indietro dall’accoglierli, abbiamo sacrificato strutture come il Palazzetto dello Sport, il Brillia, con spirito di abnegazione e di umanità, abbiamo investito oltremodo anche in termini economici per portare soccorso e sicurezza medica.

Adesso basta, però! Adesso è giusto che ogni Stato membro dell’Europa faccia la sua parte.  Anche perché il Patto di Triton che Renzi e la Bonino avevano firmato con l’unione europea sembra essere scaduto e, perciò, ci aspettiamo che si rimetta mano ai trattati  europei e che l’Italia non rimanga l’unico Paese coinvolto solo per la sua posizione nel mediterraneo e non continui ad essere vista come l’unica porta aperta per queste navi che imbarcano i poveri immigrati come merce.

Forse è piu razzista chi pensa di farli arrivare, collocarli in centri scomodi e lasciarli isolati dal resto della società.  E allora, è necessario che tutte le forze politiche e sociali del territorio facciano fronte comune e scongiurino questo disegno che non porterà sicuramente nulla di buono, che  facciamo sentire la nostra  voce senza presunzione di primati, spogliandoci delle nostre appartenenze politiche e difendendo gli interessi della nostra Città.

Maria Golluscio

Presidente Associazione  Delfinea

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