Editoriale. Il centralismo cosentino, i silenti e la viltà jonica…

Corigliano Rossano – Che pesci siamo? In tempi di sardine sarebbe il caso di chiederselo. E’ in vita da circa quattro mesi un movimento civico che promuove l’idea di Magna Graecia, una grande provincia di oltre 400mila abitanti  (Sibaritide e Crotoniatide insieme) in grado di porsi in una posizione di equità e di pari dignità con le storiche province calabresi “pigliatutto”. In questo ci vedo anche un principio di solidarietà e di sussidiarietà, termini tanto strombazzati dalle segreterie politiche centraliste, nei confronti di aree considerate dalla stupidaggine colonialista marginali. Oggi la provincia di Crotone è fanalino di coda per qualità della vita e la Sibaritide tenta un decollo tarpato dalla politica cosentina. Così come Catanzaro esercita storicamente una supremazia  su Crotone. Sul merito della proposta non mi soffermo poiché tante sono le positività programmatiche e progettuali, oltre allo spessore e rilevanza politica di epocale cambiamento.

Ciò che lascia perplessi tuttavia, è il silenzio assordante di taluni che per lunghi anni, sia privatamente sia pubblicamente, hanno sempre criticato la cultura accentratrice de “i cusentin” (intesa come classe politica – la parte deteriore) e ora che ci sono i presupposti per avviare una stagione di straordinario cambiamento si sono celati in un misero mutismo. “Personaggetti” direbbe l’attuale presidente della regione Campania Vincenzo De Luca.

La cultura dal “cappello in mano” è evidentemente cronicizzata. Ecco perché ci trattano a pesci in faccia. Anche la vicenda della chiusura del tribunale di Rossano ha una trama che riconduce a “i cusentin” . E questo tutti lo sanno! L’idea progetto era quella di concepire un tribunale ritenuto “succursale” di Cosenza, ossia, l’attuale presidio di Castrovillari. Come può non indignare tutto questo? E come può non indignare l’azione strategica isolazionista esercitata scientificamente sul tema dei trasporti, a partire dallo scippo praticato circa l’allocazione dell’autostrada Sa-Rc (disegnata in un primo momento lungo la litoranea jonica) sin dagli anni Sessanta, ma questa è storia vecchia.  Come si può restare indifferenti in ordine alla scellerata macchinazione sulla mobilità e trasporto pubblico? Basta dare uno sguardo alla   statale 106 concepita su misura per dirottare il traffico proveniente dall’Adriatica sulla Salerno – Reggio Calabria: guarda caso si finanza la Roseto-Sibari (a 4 corsie) mentre è già pronta la tratta Sibari-Firmo anch’essa a 4 corsie. E da Sibari in giù (la tratta che urla priorità)?  Solo rotatorie, se andrà bene!

Il modello del traffico su gomma ricalca quello su rotaia, il metodo non muta. Alla fine degli anni Ottanta le ferrovie dello Stato realizzarono l’elettrificazione sulla tratta Taranto-Metaponto- Sibari- Cosenza, isolando anche in questo caso la tratta Sibari-Crotone. Tale amputazione determinava nel tempo, per via della tecnologia ( subentra Trenitalia che privilegia i collegamenti con motrici non più a gasolio), la chiusura delle stazioni ferroviarie e la soppressione dei convogli da e per il Nord Italia. Questa scelta decretava la morte di tutta l’area che ora ricade sotto la “giurisdizione” di Magna Graecia. Ragion per cui la parte produttiva e l’intera utenza della Magna Graecia deve raddoppiare gli sforzi per energie e sacrifici, rispetto a chi ha tutto sotto casa. Eppure sono cittadini che subiscono lo stesso prelievo fiscale. E questa sarebbe giustizia sociale?

Le operazioni  subdole portate avanti dalla ben definita cabina di regia, finivano con l’ottenere due risultati: il proliferare di aziende di autolinee dalla Sibaritide in giù e un doppio percorso (traffico su rotaia e su gomma) che convoglia il traffico dall’Adriatica a Cosenza. A fronte di ciò, tutti in silenzio, nessuno denuncia.

Come può non indignare quella logica dei due pesi e delle due misure sulla spending review circa l’allora accorpamento delle Asl? Quando si trattò di sopprimere le Aziende sanitarie e accentrarle su Cosenza tutto ok, quando qualcuno ha azzardato la proposta di una macro azienda sanitaria regionale a Catanzaro e sopprimere le esistenti è stato costretto ad ingoiarsela! Oggi, nella prima città della provincia di Cosenza (Corigliano Rossano) abbiamo un misero ospedale spoke, siamo costretti a mendicare qualche medico a Cosenza, e non possiamo riparare una ambulanza se Cosenza non ti dà l’ok. A questo siamo ridotti, ci trattano da mendicanti!Ma tutto questo non indigna. E non indigna perché i poteri in mano a chi decide sullo jonio sono legati a doppio filo a Cosenza. Poteri politici, sindacali, patronali, imprenditoriali, associazioni di categoria, etc etc etc…

Nei bar, dal barbiere, nei ristoranti, a passeggio per le vie principali, tutti parlano dello scempio storicamente determinato da “i cusentin”. Gestiscono tutto, dalla sanità alla scuola, dalla giustizia alle attività produttive, dall’editoria alla selezione dei candidati da schierare in campo. Un polpo che ha tentacoli dappertutto.

Sia ben chiaro, questo ragionamento non è assolutamente contro i cosentini né come città tanto meno come abitanti ( vittime del sistema – il caos dell’Annunziata è dovuto alle politiche centraliste), che stimo e apprezzo. Non a caso rientra in un progetto sposato appieno proprio da un cosentino, Carlo Tansi, accusato di perorare questa causa per ragioni elettoralistiche. Magari sarà anche così, ma di certo poteva limitarsi alla sola adesione formale e non denunciare il sistema marcio del centralismo cosentino. Ne parla Tansi e non ne parlano i nostri, gli stessi che sottovoce condividono ma che o per opportunità o per paura tacciono. Mi viene in mente il film di Leonardo Sciascia “Il giorno della civetta”.

Matteo Lauria – Direttore I&C

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