Promettono il nuovo, invocano il ricambio, spingono giovani e volti freschi. Parlano di “cambiamento”, di “rinnovamento”, di “giovanilismo”. Ma poi, a conti fatti, resta tutto com’era. Anzi, peggio: perché ci prendono pure in giro. Viene quasi da ridere — o da incazzarsi — a vedere questo teatrino replicarsi a ogni tornata elettorale. Alcuni rappresentanti di partito o i partiti stessi, per non spaventare l’elettorato, rinunciano ai loro simboli e si travestono da “civici”. Il simbolo? Messo da parte come se fosse contagioso. I candidati? Sempre loro, ma con una nuova etichetta. Le promesse? Identiche. Il risultato? Tornano ad essere, puntualmente, uomini e donne di partito. Con l’avallo del partito stesso. Altro che spontaneità. È tutto concordato. Tutto calcolato. Tutto benedetto da quelle stesse segreterie che poi gridano al “nuovo corso” come se non fossero loro a gestirlo da vent’anni.
E allora la domanda è semplice: ma negli statuti dei partiti è previsto che un dirigente possa candidarsi in una lista civica? È coerente? È corretto? È serio? Non si vede alcun rinnovamento. Cambiano le facce, non i metodi. Si moltiplicano le finzioni, non le idee. E se qualcuno ha ancora un minimo di rispetto per la democrazia, dovrebbe dire basta a questa continua farsa.
I partiti — quelli veri — sono luoghi di confronto, strutture necessarie alla vita democratica. Servono, eccome se servono. Ma oggi sono ridotti a comitati elettorali, e per giunta travestiti. Altro che scuola politica, altro che militanza. Serve coraggio. Serve ammettere che questa ondata di ipocrisia ha fatto il suo tempo. Serve battersi per il ritorno del finanziamento pubblico ai partiti. Per ridare dignità alla politica. Per tornare alle feste di partito che erano momenti di incontro, partecipazione, idee. Non serve un lifting, serve una ricostruzione. E soprattutto serve dire la verità agli elettori. Basta giochi. Basta liste “civiche” che sono tutto fuorché civiche. Basta scorciatoie per far passare ciò che non avrebbe mai passato il vaglio del voto diretto, libero e informato. Chi è di partito, lo dica. Chi non lo è, lo dimostri. Ma almeno basta con questa sceneggiata che offende l’intelligenza di chi vota.
Matteo Lauria – Direttore I&C
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