Editoriale: L’abuso d’ufficio in Italia: un regalo alla corruzione

L’Italia, un Paese martoriato dalla corruzione, continua a dimostrare una triste realtà: anziché adottare misure più restrittive, il legislatore sembra preferire una via opposta. E quale modo migliore per incoraggiare il malaffare se non l’abrogazione del reato di abuso d’ufficio? È un segnale sconcertante che evidenzia il sistema corporativo partitico che domina il paese. L’abuso d’ufficio, un reato che dovrebbe rappresentare uno scudo contro gli affaristi senza scrupoli, rischia di essere spazzato via con leggerezza. È un reato che rappresenta un ostacolo per coloro che cercano di arricchirsi indebitamente sfruttando la propria posizione di potere. La legge, con pene che vanno da uno a quattro anni di reclusione, dovrebbe essere un deterrente contro i pubblici ufficiali che traggono vantaggio personale o arrecano danno ad altri. Sembra che si preferisca ignorare il fatto che la corruzione paralizza le attività e danneggia il tessuto sociale. Ma non dovremmo forse chiederci perché la condanna per abuso d’ufficio sia così difficile da ottenere? La risposta risiede nella complessità delle prove richieste e nella lentezza della giustizia italiana. Mentre migliaia di indagini vengono aperte ogni anno, le condanne si contano sulle dita di una mano. È un disequilibrio vergognoso, un’ingiustizia che permette ai colpevoli di sfuggire alla punizione e perpetua un sistema corrotto.

Tuttavia, il Ministero della Giustizia si affretta a rassicurarci, affermando che la lotta alla corruzione non subirà arretramenti. Ma come può essere vero quando si abroga un reato che rappresenta uno dei principali strumenti per combattere la corruzione nella pubblica amministrazione? Rimangono “rimedi preventivi e repressivi”, dicono. Ma quanto sono efficaci questi rimedi se il reato stesso viene scartato? In un periodo in cui la fiducia nelle istituzioni è già ai minimi storici, l’abrogazione dell’abuso d’ufficio rappresenta un colpo mortale alla credibilità del sistema giudiziario. È un segnale che l’Italia invia al mondo, un segnale che dice: “La corruzione è accettata qui, siamo disposti a chiudere un occhio”. È tempo di svegliarsi e chiedere conto a coloro che sono responsabili delle decisioni politiche. È tempo di dire basta alla corruzione dilagante, di alzare la voce e chiedere un cambiamento vero e duraturo. Non possiamo permettere che l’Italia continui a essere un paradiso per gli affaristi e un inferno per i cittadini onesti. L’abuso d’ufficio deve restare un reato e deve essere applicato senza pietà a chi lo commette. Dobbiamo chiedere responsabilità, trasparenza e un impegno reale nella lotta contro la corruzione. Solo allora potremo ripristinare la fiducia nel nostro paese e ricostruire un’Italia basata sulla giustizia e sull’integrità. Per la parte che attiene ai sindaci che strizzano l’occhio all’abrogazione del reato mi chiedo e vi chiedo: premesso che all’organo politico-amministrativo spetta il potere di indirizzo e di controllo e alla burocrazia la gestione, perché a porsi il problema sono i sindaci? Ciò apre il campo al famoso e diffuso fenomeno delle ingerenze.

Matteo Lauria – Direttore I&C

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