C’è una domanda che dovremmo farci con onestà: se una legge non produce risultati buoni, perché non la cambiamo? Il limite del terzo mandato è un esempio perfetto. Pensato per favorire il rinnovamento, nella pratica ha prodotto il contrario. Sindaci e presidenti di Regione apprezzati dai cittadini, che lavorano bene, dopo due mandati sono costretti a farsi da parte. Ma davvero pensiamo che in automatico si aprano spazi nuovi, puliti, liberi? No. Nella realtà, accade altro. Questi leader, impossibilitati a ricandidarsi, mettono avanti persone di fiducia. Delegate. Spesso pupazzi. E nasce un teatrino: il sindaco uscente che tira i fili da dietro le quinte e il nuovo, che a un certo punto, cerca di sfilarsi da quell’ombra per mostrarsi autonomo. Così si crea tensione, confusione, inciampi politici. E chi paga? I cittadini. Ma allora: non sarebbe meglio lasciare che sia il popolo a scegliere? Perché costringerli a votare una brutta copia, quando potrebbero tenersi l’originale? Se un amministratore ha consenso, se ha visione, se lavora bene, perché metterlo da parte per forza? C’è chi parla di rinnovamento. Ma guardiamoci intorno. Questo presunto rinnovamento dov’è? Nei nomi? Nell’età? Perché nei metodi, nei comportamenti, nei linguaggi, non si vede nessuna svolta. Giovani o vecchi, molti fanno politica come se fosse un videogioco, come se i territori non contassero più nulla. La verità è che abbiamo solo cambiato le facce, ma non abbiamo costruito nulla di nuovo. Anzi, abbiamo cristallizzato un sistema dove contano solo i singoli. I partiti non ci sono più. Non selezionano, non formano, non orientano. Tutto gira intorno alla persona. E la persona, spesso, gira intorno a se stessa. Megalomania, narcisismo, personalismi. Leader ovunque, idee poche. È tempo di dire che questo modello ha fallito. E di rimettere mano alle regole. Non solo superare il limite dei due mandati, ma anche ripensare la legge elettorale. Ridare centralità ai partiti, alle comunità, non ai singoli. Perché così facendo, stiamo solo costruendo tante figurine, tanti “ducetti” di provincia, che si credono Napoleone, ma non sanno tenere insieme una giunta. Meglio allora che a scegliere sia l’elettore, non un algoritmo o una norma che crea ingorghi. Meglio tenersi l’originale. Perché tra un leader vero e un suo sosia, sappiamo tutti chi lavora meglio.
Matteo Lauria – Direttore I&C
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