Voglio ricordarla con precisione, nei minimi particolari, perché non svanisca rapidamente entro di me, non appena sarà finita, non appena il pericolo sarà passato, scongiurato, eliminato.
C’è da parte di tutti noi, e naturalmente anche in me, il desiderio, sempre presente, di dimenticare il prima possibile le esperienze dolorose, brutte, spiacevoli, che abbiamo vissuto, di cui siamo stati vittime, come se il dimenticarle, il rimuoverle dalla memoria, significasse, quasi il non averle vissute, così come quando, al mattino, ci svegliamo di soprassalto, ansimanti, con l’esperienza di un brutto sogno, un sogno angoscioso, che immediatamente dopo il risveglio è ancora ben presente e vivido in noi.
Siamo ancora immersi nella atmosfera dell’incubo, ma subito dopo, con la coscienza che si trattava di un incubo onirico e non della realtà, confortati da questa coscienza, ci immergiamo rapidamente nella realtà che ci circonda, favorendo così la sparizione, l’oblio dell’incubo.
Ora io non vorrei che lo stesso accadesse in me, con questo “brutto sogno” che stiamo tutti vivendo e per questo, scrivo, per non dimenticare, al più presto, quando tutto sarà finito, questa esperienza che deve rimanere indimenticabile.
Tornando al Tempo, non si tratta certamente del tempo meteorologico, argomento di cui non sono competente, se non per la mia smodata predilezione per la pioggia, che unica, mi rende felice, ma di come noi viviamo, in questo momento il senso del tempo che passa.
L’occasione per questa riflessione mi è data dalla lamentela, che molti pazienti, attualmente, sempre più spesso mi denunciano, ossia la sensazione spiacevole, sgradevole, spesso angosciante che il tempo non passi mai, non scorra, si sia come fermato, arrestato, immobilizzato in un eterno presente, senza più scorrere come prima, inesorabilmente e sempre più, troppo veloce.
Come se tutti fossimo immobilizzati in un eterno presente.
Ho cercato di spiegar Loro che quando la nostra vita è riempita, di compiti, impegni incombenze, sono questi, nel loro susseguirsi, succedersi, concludersi, che ci danno il senso del tempo che scorre, che passa.
Ora siamo costretti dalle circostanze a rimanere quasi tutti, in casa, isolati, soli, senza più quei tanti rapporti sociali, umani, affettivi, quei compiti piacevoli o spiacevoli, quelle incombenze, che prima riempivano le nostre giornate, il nostro tempo appunto, e quello stesso, identico tempo ci sembra trasformarsi in un vuoto contenitore che non ha più significato, privo come è del suo contenuto. Quello stesso contenitore, che solo poco tempo prima ci era apparso sempre paradossalmente troppo piccolo, insufficiente per tutto ciò che avrebbe, secondo le nostre pretese, dovuto contenere.
Improvvisamente e grazie al Coronavirus, le nostre giornate, sempre così frenetiche, piene di cose da fare, con un tempo sempre insufficiente a farle tutte, improvvisamente sono divenute interminabili, ferme fisse, come se le lancette dell’orologio che ciascuno di noi possiede, si fossero miracolosamente arrestate, colpite anche loro dal virus.
Naturalmente non è così, le lancette dell’orologio si muovono sempre con la stessa velocità e scandiscono lo stesso tempo, ma è quello stesso tempo che a noi sembra lunghissimo, dilatato in maniera esasperante, perché vuoto, perché non è più riempito di compiti, di incombenze, di impegni, di azioni, che ci danno, nel loro succedersi la sensazione dello scorrere del tempo stesso.
Ma perché, proprio noi stessi, che fino a poco tempo prima ci siamo lamentati di avere sempre poco tempo per tutto, ora che improvvisamente, ne abbiamo finalmente tanto, obbligati come siamo a non muoverci, a rimanere in casa, a non correre da una parte all’altra come trottole impazzite, ora ci lamentiamo perché il tempo non passa mai?
Credo, ahimè, che la risposta sia semplice e tragicamente banale, purtroppo: il tempo che fino a poco tempo addietro non ci bastava mai, era sempre troppo poco, troppo veloce nel suo scorrere, era il tempo dedicato ad impegni, incombenze, oneri esterni, fuori di noi.
Oggi quello stesso tempo che ci appare rallentato, fermo, lunghissimo, inquietantemente lento nel suo scorrere è il tempo che dovremmo, che potremmo dedicare a noi stessi, ad una riflessione su di noi, adun contatto con la nostra intimità, con la nostra interiorità, con il nostro io interno.
Ma non ne siamo capaci. Forse ne abbiamo paura.
Forse anche questo il Coronavirus sta cercando di suggerirci.