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L’intervento. Astensionismo record: la politica ignora il segnale di sfiducia

Nel dibattito politico locale manca un dato essenziale emerso dalle ultime elezioni amministrative, che continua a passare inosservato nonostante il tempo trascorso: il record di astensionismo, mai così elevato almeno dal dopoguerra. Questo fenomeno risulta ancora più significativo considerando che al primo turno non vi era possibilità di ballottaggio, essendoci solo due candidati a sindaco, e che l’elezione diretta del primo cittadino esiste da oltre trent’anni, con possibilità degli elettori di votare nominativamente il proprio candidato scelto tra i possibili. Eppure, pochi hanno analizzato la percentuale di voti ottenuti dai governanti rispetto agli aventi diritto. In altre parole, quale reale rappresentanza ha chi è stato eletto, rispetto agli aventi diritto al voto e la percentuale di chi ealmente si è recato ai seggi elettorali.

Bene precisare per evitare fraintesi, che non si tratta di mettere in discussione la legittimità dei vincitori, che hanno ottenuto il mandato secondo le regole democratiche, ma di sollevare questioni cruciali per il dibattito politico e pubblico. Un tempo l’astensionismo era duramente criticato, visto come segno di declino della partecipazione civica. Se si ritiene che un buon governo dipenda dalla saggezza e dalla virtù di chi amministra e che i cittadini abbiano il dovere di contribuire attivamente, allora il non voto potrebbe essere interpretato come un sintomo di deterioramento democratico. Il crescente disinteresse rischia di concentrare il potere nelle mani di pochi, privando la collettività della possibilità di esercitare un controllo effettivo su quella che viene detta la responsabilità politica. Inoltre, l’astensionismo potrebbe derivare dalla mancanza di un’educazione politica adeguata, quella paideia necessaria per un governo orientato al bene comune; e non sarebbe solo un segnale di sfiducia nelle istituzioni, ma la prova di una scarsa consapevolezza civica.

Se interrogassimo chi non ha votato, potremmo porre domande fondamentali: «Ti astieni perché nessun candidato ti convince? E se così fosse, non sarebbe tuo compito contribuire al miglioramento della politica, anziché rimanerne fuori?» Oppure: «Se credi che il tuo voto sia irrilevante, hai davvero approfondito il funzionamento della democrazia o ti basi su un pregiudizio?». L’astensionismo non è solo un problema politico, ma anche etico. Molti cittadini accettano passivamente la realtà, rinunciando alla loro responsabilità di membri della comunità, ma non si capisce che se non partecipano alla politica, saranno altri a decidere per loro. Ma vediamo di analizzare le cause dell’astensionismo che sono molteplici e complesse:

  1. Sfiducia nelle istituzioni, che porta a dubitare dell’efficacia del voto.
  2. Difficoltà nel districarsi tra le varie proposte politiche, con conseguente disillusione.
  3. Indifferenza verso la politica, vista come distante dalla quotidianità.
  4. Mancanza di rappresentanza, con – possibilità teorica – di candidati percepiti come inadeguati.
  5. Sensazione di impotenza di fronte al sistema elettorale.
  6. Educazione civica insufficiente, che ostacola la comprensione della rilevanza del voto.
  7. Delusione nei confronti del sistema politico e dei partiti.

Questi fattori si combinano in modo diverso a seconda delle esperienze personali e del contesto sociale di ognuno. Su tale consapevolezza, sarebbe necessario avviare un dibattito approfondito, sia nelle istituzioni – ad esempio attraverso l’istituzione di una commissione consiliare – sia tra i cittadini, coinvolgendo – anche – associazioni locali capaci di stimolare un confronto costruttivo. L’astensionismo è una forma silenziosa ma potente di protesta. Molti lo considerano un segnale di apatia, ma potrebbe anche esprimere una consapevolezza profonda: la sfiducia in un sistema che non rappresenta più i bisogni della società; non è un rifiuto della politica in sé, ma del modo in cui essa viene praticata. Ignorare l’astensione record registrata nelle ultime elezioni a Corigliano-Rossano significa trascurare un segnale inequivocabile di rottura tra cittadini e istituzioni; potrebbe essere non un semplice episodio, ma il riflesso di una disillusione diffusa. Perché bisogna essere consapevoli che un elevato tasso di astensione non è mai casuale. Se sempre più persone scelgono di non votare, i politici dovrebbero interrogarsi: «Perché i cittadini non si sentono più rappresentati?», perché il voto non è solo uno strumento democratico, ma anche un indicatore della salute politica di una comunità. E se, invece, l’astensionismo non fosse un segno di disinteresse, ma una richiesta di attenzione? Se chi governa non ne coglie il messaggio, il distacco tra politica e società continuerà a crescere. La politica esiste solo se i cittadini credono in essa. Fino ad allora, l’astensione – potrebbe – restare la loro unica risposta, e occorre una discussione seria ed equilibrata prima che sia troppo tardi.

  Avv. Luigi Fraia

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