Corigliano Rossano – Carlo Sperandio in coda alla traduzione che fece nel 1873 dell’opera del francese François-Timoléon Bègue Clavel, “Storia della massoneria e delle società segrete” del 1843, inserì un “Elenco delle Logge dipendenti dal Grande Oriente di Napoli nel 1813”. In questo elenco si ritrova la Loggia “Federazione Achea” di Rossano, loggia nata perciò più di due secoli fa, grazie all’ambiente culturale napoletano molto fertile e vivace frequentato dai giovani rossanesi che vi si recavano per studiare.
A Napoli fin dal 1780 risultava iscritto alla massoneria il rossanese Giovanni Antonio Palopoli, giurista e storico, figlio di Romualdo Girolamo e di Francesca Novellis. Inoltre vi operavano alcuni dei più vivi intellettuali calabresi che ricoprivano ruoli importanti nella società e tra i frammassoni. Solo per citarne qualcuno: l’abate Antonio Jerocades, professore universitario, scrittore, poeta e fondatore nel 1784 della loggia “L’Amor della Patria” a Tropea e della loggia “La Buona Speranza” a Parghelia, suo paese natale; Luigi Rossi di Montepaone, professore, che aveva fondato a Corigliano la Loggia di Zalauco; Pasquale Baffi di Santa Sofia d’Epiro, professore alla Nunziatella e all’Università di Salerno, arrestato a Napoli il 2 marzo 1796 nel corso di un’adunanza massonica. Rossi e Baffi, tra l’altro, furono giustiziati nell’ambito della reazione sanfedista alla Repubblica Partenopea.
Era un’epoca in cui le idee illuministe di libertà, uguaglianza, tolleranza erano veicolate dalle logge massoniche e in proposito Alfredo Gradilone, nella sua “Storia di Rossano”, afferma che la massoneria “divenne ad un certo punto scuola di libertà”.
Per tale motivo la massoneria nel Regno delle Due Sicilie – pur annoverando tanti nobili al suo interno – venne messa al bando con tre provvedimenti: quello di Carlo III del 10 luglio 1751 e i successivi di Ferdinando IV del 12 settembre 1775 e del 3 novembre 1789. In seguito all’ultimo editto le logge regolari, anche se in gran parte fedeli alla corona, furono “demolite” dai rispettivi Gran Maestri. E le altre logge, le cosiddette spurie si adeguarono alle sovrane disposizioni. In pratica, però, la massoneria continuò a operare clandestinamente sotto un’altra veste. Infatti Carlo Lauberg, Jerocades e altri decisero di formare un’associazione segreta, “Società patriottica napoletana” chiamata anche Società Giacobina di Napoli, strutturata in club, ognuno con al massimo undici membri in modo da limitare la conoscenza reciproca dell’identità degli aderenti e ridurre quindi i rischi nel caso in cui qualcuno fosse stato arrestato e torturato. Pertanto ci fu un processo di trasformazione delle logge massoniche in club giacobini e in Calabria, nell’ultimo decennio del ’700, si ebbe un notevole incremento dell’organizzazione settaria; progressi da ritenere ancora più rilevanti se messi in relazione alle ripetute disposizioni reali repressive e alla violenta reazione attivata nel Regno di Napoli in seguito agli avvenimenti che si stavano verificando in Francia e in Europa. Si pensi che tra il 1794 e il 1798 si tennero nel Regno ben 493 processi politici. Purtroppo però, a parte alcuni libri, si ha poca documentazione sull’attività clandestina; anche perché al ritorno dei Borbone con la Restaurazione vennero distrutti molti documenti.
In questo scenario il ruolo di trait d’union tra i circoli intellettuali napoletani e Rossano fu svolto dai fratelli Giovanni e Pietro Labonia, figli di Gaetano e Aurora Riccio, studenti rossanesi a Napoli, e da Antonio Criteni, giurista, figlio del giureconsulto Vincenzo e di Ermenegilda de Muro, nato nel Rione Interzati, fratello del magistrato e professore universitario Domenico. Erano giovani che, come tanti altri giovani, erano affascinati dalle idee nuove che arrivavano dalla Francia rivoluzionaria. Inoltre nel 1794, nella casa napoletana di Pietro Labonia, venne iniziato anche il diciottenne rossanese Luigi Palopoli, figlio di Michele e di Anna Maria de Rosa, che ben presto, anche se giovane, acquisì grande autorevolezza negli ambienti napoletani illuminati.
A Napoli, Pietro Labonia era in contatto con i migliori intellettuali dell’epoca e frequentava molti degli ambienti dove si riunivano i cospiratori, mentre Giovanni Labonia e Antonio Criteni, seguendo l’input di allargare gli ambiti dove diffondere le idee nuove, crearono a Rossano due club della Società Patriottica che potevano contare su tanti associati. Ciò fu possibile grazie a un ambiente rossanese reso fertile alle influenze massoniche dal lavoro preparatorio svolto già da tempo da Giovanni Antonio Palopoli e anche per il fascino che comunque esercitavano i discorsi sulla libertà che impegnavano quelli ambienti.
Erano membri dei club gli ecclesiastici Reginaldo Abastante, Samuele Corrado, Gesualdo Domenico, Antonio Graziano, Giacinto Joele, Alberto Pisani, Raffaele Romano; i notai Francesco Saverio Aiace, Gregorio De Marco; gli avvocati Antonio Criteni, Giovanni e Marcantonio Romano – fratelli-; il presidente della municipalità Giuseppe Carbone; il dottore fisico Domenico Carmignani; il gioielliere Francesco Marino; il letterato Giuseppe Morici, il calzolaio Saverio Corrado detto Decano; i nobili Giovanni, Bonaventura, Domenico Greco, Saverio Labonia – fratello di Giovanni e di Pietro – , Giovanni e Pietro Malena – figli di Vincenzo e Agata de Rosis -; Giovanni Antonio e Luigi Palopoli; Antonio Bruno, Francesco Saverio Carmignani, Pietro Cosentino, Luigi Giardino, Giuseppe Maieri, Domenico Marino, Vincenzo Marrazzo, Nilo Pau, Giovanni Rizzo, Marco Romano, Domenico Vanni. Tra questi nomi, molti erano i rappresentanti della borghesia che proprio in quegli anni chiedeva nuovi spazi di agibilità politica, in contrapposizione alla sempiterna oligarchia nobiliare che governava la città.
Nel suo libro “Rossano per riscatto nazionale”, quando Luigi Ripoli parla dei rossanesi che presero parte agli avvenimenti rivoluzionari del finire del ‘700 dice che “erano tutti costoro i medesimi componenti la Loggia massonica in Rossano…”.
Su ognuno dei rossanesi sopra menzionati ci sarebbe tanto da scrivere, sui ruoli ricoperti nella società, sulle professioni esercitate, sulle condanne che subirono, ma per farlo non basterebbe un solo articolo. Il reazionario e feroce Cardinale Ruffo, per l’attività dei club svolta a Rossano, considerava la città uno dei centri repubblicani più pericolosi della Calabria.
Con la conquista del Regno da parte dei francesi e l’arrivo nel 1806 di Giuseppe Bonaparte come nuovo sovrano, il vento sui massoni cambiò immediatamente. Giuseppe Bonaparte, massone, tra il 1806 e il 1807 costituì il Grande Oriente di Napoli, di cui fu gran maestro. Quando, nel luglio 1808, Gioacchino Murat prese il posto di Giuseppe sul trono di Napoli, assunse anche il ruolo di guida delle logge. In virtù di questo mutato clima, il 28 agosto 1812 durante il “Decennio Francese”, il club rossanese si trasformò in loggia, secondo l’ufficialità propria delle regole massoniche e prese il nome di “Federazione Achea”, con Domenico Vanni come Maestro Venerabile. Vanni si era distinto nella congiura giacobina del 1794 e durante la rivoluzione del 1799. Il titolo di “Federazione Achea” voleva ricordare l’alleanza che legava le città della Magna Grecia fondate dagli Achei, antica popolazione greca, alleanza che le aveva rafforzate facendole crescere ed espandersi, ramificandosi come un albero.
Comunque, nel Regno delle Due Sicilie la ingombrante presenza al vertice del Grande Oriente di Napoli della famiglia Bonaparte – non ben vista dai repubblicani e dai liberali – e il successivo ritorno dei Borbone sul trono fecero nascere l’esigenza di ricostituire un associazionismo non più ristretto alle élites intellettuali, ma aperto anche ad altri strati sociali più popolari, accentuando altresì una maggiore caratterizzazione politica anti-governativa. Nacquero pertanto le vendite carbonare per le quali, a differenza della massoneria più indirizzata verso una speculazione filosofica libertaria, era prioritaria l’azione, un’azione guidata da principi sovvertitori. Anche a Rossano nacquero più vendite carbonare. Pertanto la loggia massonica Federazione Achea si trasformò in vendita carbonara che teneva le riunioni nel vecchio Convento di Sant’Antonio, ormai in disuso e distante dal centro abitato, in modo da garantire una certa riservatezza.
Il dotto Nicola Lefosse ne era il Gran Maestro e vi partecipavano tutti i massoni e i liberali di antica fede. Alcuni nomi: il canonico Scipione Camparota, suo fratello Baldassarre, il “massone intransigente” Giuseppe Barone, Giuseppe Morici, ancora l’avvocato Antonio Criteni, già citato prima, il medico Giuseppe Francalanza, i fratelli Carlo e Giorgio Lettieri, gli ex ufficiali Diego de Russis, Giovanni Interzati, Raffaele Rapani, Antonio Rizzuti, Giuseppe Malena, il barone Pietrantonio Toscano.
Dice il Ripoli: “… dentro quei muri silenziosi di Sant’Antonio convenivano numerosi i settari ad intrattenersi magari nelle lunghe nottate d’inverno e dati prima di entrare i segni convenzionali con facezie strane ..”. Pare che vi prendessero parte anche alcune signore: donna Nicoletta Amarelli coniugata con Baldassarre Camparota e la baronessa Isabella Olivieri, moglie del barone Luca de Rosis, lo storico. Inoltre, è sempre il Ripoli a raccontarlo, nella vendita c’era anche una bara la quale, dopo che vi si era accomodato un carbonaro, veniva portata in giro per il convento dagli altri fratelli inscenando una cerimonia che simbolicamente voleva onorare ogni “grande eletto tradito ed estinto”, i fratelli carbonari morti giustiziati e che non avevano avuto le giuste onoranze funebri. Ciò sulla falsariga di quanto aveva fatto Luigi Maria Grillo, arciprete di Cerreto (BN), che il 2 dicembre 1820 recitò nella chiesa di San Sebastiano una forbita orazione in omaggio agli illustri carbonari defunti che erano stati i “liberatori dei popoli oppressi in Europa, affrontando travagli, pericoli, persecuzione e morte”.
Martino A. Rizzo
Martino Antonio Rizzo, rossanese, vive da una vita a
Firenze. Per passione si occupa di ricerca storica
sul Risorgimento in Calabria. Nel 2012 ha pubblicato
il romanzo Le tentazioni della
politica e nel 2016 il saggio Il Brigante Palma e i misteri
del sequestro de Rosis. Nel 2017 ha fondato il sito
anticabibliotecacoriglianorossano.it. Nel 2019 ha curato la pubblicazione
dei volumetti Passo dopo passo nella Cattedrale di Rossano,
Passo dopo passo nella Chiesa di San Nilo a Rossano,
Le miniature del Codice Purpureo di Rossano.
Da fotografo dilettante cerca di cogliere
con gli scatti le mille sfaccettature del paese natio
e le sue foto sono state pubblicate nel volume di poesie
su Rossano Se chiudo gli occhi.